Residenza a chi occupa, Zevi: “A Roma non ci deve più essere un solo bambino senza pediatra”
Tobia Zevi è forse una delle sorprese della giunta di Roberto Gualtieri. Candidato alle primarie, in pochi mesi da amministratore, sul campo si è guadagnato la fiducia di molti interlocutori e apprezzamento per la capacità di dialogo con la città su temi che non regalano facili passerelle o applausi, come la casa e il patrimonio pubblico. Soprattutto in anno è riuscito a rispondere, almeno sulla carta degli atti giunta e del consiglio comunale, ad alcune questioni che si trascinavano da quasi dieci anni.
Il nuovo regolamento del patrimonio: "Sanata una ferita"
Il primo obiettivo in dirittura d'arrivo è il superamento della delibera 140, che Zevi non esita a definire come "una ferita che si era prodotta tra mondo associativo e istituzione". È in discussione proprio in questi giorni in Assemblea Capitolina un nuovo regolamento per la gestione del patrimonio immobiliare di Roma Capitale, frutto di un grande lavoro di mediazione tra regole e necessità. Prevede forme diverse di assegnazione, a cominciare dai bandi pubblici, ma anche forme di assegnazione che tutelano le esperienze associative e che fanno attività sociali che non rischieranno così di perdere sedi e spazi, a patto ovviamente che si mettano in regola e paghino i canoni calmierati. È prevista anche la possibilità di stipulare patti di collaborazione con gruppi di cittadini.
Associazioni, spazi sociali e realtà del terzo settore non hanno fatto mancare i rilievi critici sulle modalità e le garanzie richieste per chiedere di utilizzare uno spazio pubblico, e ora il dibattito da commissione e giunta si sposta in aula dove non mancheranno le proposte emendative. "Il nuovo regolamento ci consentirà di utilizzare il patrimonio di Roma Capitale come uno strumento di inclusione sociale, e un volano per dare più possibilità al terzo settore e al mondo associativo. Ma è un regolamento che punta anche al coinvolgimento dei grandi investitori pubblici e privati per valorizzare per tutta la città una risorsa importante". Ora tutto sarà passare dalla carta alla realtà: "C'è grande aspettativa, e ora dopo il grande lavoro svolto sotto il profilo normativo, dobbiamo lavorare affinché gli uffici riescano a rendere operative regolarizzazioni e nuove concessioni, rispondendo alle tante domande che arriveranno". Un lavoraccio insomma "ma sono certo che potremo toglierci grandi soddisfazioni".
Una banca dati digitale e trasparente per il patrimonio di Roma Capitale
Si ma Roma Capitale conosce davvero il suo patrimonio? La risposta è sì ma non abbastanza, e soprattutto non esiste un database trasparente e accessibile. Esistono banche dati vecchie e di difficile consultazioni, grossi faldoni e particelle immobiliari di cui si sono perse le tracce, magari abbandonate o indebitamente utilizzate per attività a uso privato. "Il prossimo anno inizierà un progetto straordinario che credo sarà preso a modello da altre città. – spiega Zevi – Faremo un censimento su più livelli i cui risultati saranno integralmente digitalizzati. Partiremo da incrociare e organizzare le diverse banche dati, per poi correggere e aggiornare i dati verificandoli anche sul campo. L'obiettivo è che il patrimonio immobiliare del comune di Roma, sia conoscibile dai cittadini, dalle istituzioni e anche dal mondo delle imprese".
Articolo 5 e residenza: "Garantiamo diritti fondamentali e non alimentiamo illegalità"
C'è poi un tema di cui si sta discutendo molto in città relativo alla casa: la direttiva del sindaco Roberto Gualtieri che di fatto supera l'articolo 5 del piano casa Renzi Lupi, che impedisce a chi occupa un immobile o un'abitazione senza averne il titolo, di prendere la residenza. Un provvedimento contro cui da una decade si battono le associazioni per i diritti umani, le forze della sinistra e i movimenti per il diritto all'abitare. La direttiva è arrivata dopo un'iniziativa d'aula che ha votato una delibera in questo senso, delibera costruita con il dialogo con sindacati e movimenti. Una direttiva che ha fatto molto arrabbiare il nuovo prefetto Bruno Frattasi, che ha chiesto di ridurre i casi in cui il sindaco può derogare all'articolo 5, snaturando di fatto il provvedimento. Fino ad oggi il Campidoglio ha tenuto duro.
"La direttiva del sindaco a mio giudizio è un atto coraggioso e di buon senso – argomenta Zevi – Coraggioso perché fa una cosa che non ha fatto nessuna città italiana, e di buon senso perché risponde a un problema effettivo. Abbiamo una città che ha decine di migliaia di persone in cosiddetta emergenza abitativa o in varie forme di occupazione. Noi non facciamo nessuna sanatoria, non diamo ovviamente nessun titolo ad occupare un immobile, se appunto non ce l'hai. Un principio secondo me ragionevole, è che come stabilisce peraltro il codice civile, la residenza non è una concessione che lo Stato fa alla persona, ma è la fotografia di uno stato di fatto. Dove sei? Io lo devo sapere. Questo è pure un elemento di ordine pubblico". Ma soprattutto per l'assessore "la residenza è un diritto in quanto dà accesso ad alcuni servizi fondamentali, a cominciare dal medico di base e la scuola". Non si tratta di un provvedimento pericolosamente estremista come lo ha rappresentato molta stampa cittadina? L'assessore la vede così: "Mi è capitato recentemente di parlare ad un'assemblea di immobiliaristi che naturalmente, come dire, vedevano con preoccupazione questo atto. Nessun investitore si avvantaggia dal fatto che ci sarà anche un solo bambino che siccome non ha la residenza, non può avere accesso al pediatra di base".
Certo il prefetto non sembra essere dello stesso avviso, ma l'esponete della giunta Gualtieri butta acqua e ridimensiona lo scontro istituzionale: "Stiamo facendo un utile lavoro di riflessione. Sono certo che dopo la direttiva uscirà una circolare che, introducendo alcuni elementi di controllo, consentirà non soltanto a noi di confermare un atto in cui crediamo, ma di migliorarlo operativamente".
Nuove case popolari, graduatorie e bonus affitto
All'assessore Zevi piace presentarsi come un politico pragmatico. Parla a volte di cose all'apparenza anche noiose, di organizzazione degli uffici e di macchina amministrativa. Ma non è certo schivo quando si tratta di rivendicare i risultati del proprio mandato. Prima di tutto quando parliamo di casa a Roma la mente va alle case popolari che sono poche e le cui graduatorie non si sbloccano. "Quando sono stato nominati il Dipartimento aveva assegnato 35 alloggi in sei mesi, oggi ne assegniamo in media 10 a settimana. Il prossimo anno contiamo di fare 500 assegnazioni, uno sforzo enorme per uffici, impiegati e dirigenti. Ovviamente li ringrazio per questo e spero che presto avremo nuove risorse". Vanno bene le assegnazioni, ma le case popolari sono poche, la disponibilità è scarsa a fronte della richiesta, quindi? "Realisticamente nel 2023 acquisiremo nuove 500 case popolari, principalmente da enti pubblici, enti previdenziali, casse di risparmio. Ma anche intervenendo nei piani di zona revocati, dove ci sono case vuote di nostra proprietà e abbiamo il dovere di intervenire". Poi un'altra promessa, ancora una volta su trasparenza e digitalizzazione: "Abbiamo bisogno di una graduatoria per le case popolari che sia digitale, non è possibile presentare un documento per aggiornare la propria posizione e vederla aggiornata dopo sei mesi, un anno. Una graduatoria trasparente e accessibile che ci darà anche la possibilità di conoscere l'emergenza abitativa della nostra città, di cui credo abbiamo una fotografia vecchia".
Ma prima della casa popolare, dell'affrontare una situazione di drammatica emergenza o dell'ufficiale giudiziario alla porta, Zevi è convinto servano strumenti di welfare abitativo in grado di evitare tutto questo. Il comune ha uno strumento, insufficiente ma che comunque esiste, che è il bonus affitto che secondo l'assessore alla Casa dovrebbe essere usato per prevenire l'emergenza erogandolo in modo tempestivo e non dopo anni come accaduto per le scorse annualità. "Mi è sembrato veramente scandaloso il fatto che ci fossero decine di milioni di euro bloccati da anni, che sostanzialmente aspettavano solo di essere versati nelle tasche dei cittadini. Addirittura nelle ultime settimane abbiamo scoperto che esistevano 2.700.000 € rivolti ai beneficiari del 2015, che si erano dimenticati di pagare perché non erano stati in grado di recuperare l'Iban dei beneficiari. – racconta – È uno strumento utile per intervenire quando un cittadino è in un momento di crisi, per non farlo uscire dalla casa dove abita in affitto o per poter permettersene una. La casa popolare non può essere la risposta a ogni problema, purtroppo in molti casi ma per fortuna in altri. Per questo siamo impegnati a erogare con puntualità il bonus affitto, non è solo una questione di far funzionare le cose con efficienza ma di impedire che centinaia di persone precipitano in situazioni anche drammatiche".
Alcuni risultati, tante promesse per il 2023 e i prossimi anni di governo su uno dei temi più delicati della città, che parla di coesione sociale e riduzione delle disuguaglianze. Finora Zevi si è guadagnato i galloni sul campo. Ci aggiorneremo alla fine del prossimo anno per vedere come sono andate le cose.