Regione Lazio, Bonafoni: “Per battere le destre serve una sinistra nuova, abbandonando le liturgie”
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Si va chiudendo l'esperienza di dieci anni di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio. Una stagione che ha vissuto per intero. Qual'è il suo bilancio?
Sono stati dieci anni lunghi, intensi, e di grandissimo lavoro. Abbiamo trovato nel 2013 una regione tecnicamente fallita – lo diceva la Corte dei Conti -, la sanità commissariata e un'incapacità strutturale a spendere i fondi europei. Oggi abbiamo i conti a posto, siamo usciti dal commissariamento della sanità e siamo stati premiati sulla nuova programmazione 2021-2027 perché abbiamo recuperato la capacità di spesa. La contabilità per governare però non basta e lo sforzo della maggioranza tutta, e del governatore Zingaretti in primis, è stato quello di dare un'anima all'azione di governo. Da parte mia ho tentato di interpretare quella connessione tra giustizia sociale e ambientale che dovrebbe ispirare l'azione amministrativa anche del futuro. Cito tra tutte tre leggi che portano la mia firma: l'allargamento del Parco dell'Appia Antica e poi il suo congiungimento con quello dei Castelli, che non è solo la realizzazione di quel sogno visionario di Antonio Cederna, ma è l'idea di un altro modello di sviluppo per il nostro territorio; la legge contro il capolarato e il grave sfruttamento; la vicenda della casa della donne Lucha y Siesta, in cui abbiamo affermato non solo di essere dalla parte dell'autonomia delle donne e dei loro percorsi, ma anche un'idea di città pubblica.
Il centrosinistra si presenterà alle elezioni però senza il "fattore Z" che ha fatto la differenza nel 2013 e nel 2018. La ricetta per battere ancora le destre?
Battere le destre è possibile e necessario, ma non possiamo sbagliare. Cominciamo dal dire una cosa: non c'è un altro Zingaretti. Non c'è in campo nessuna figura in cui si sovrappone la popolarità dell'uomo, con una capacità politica e di leadership in grado di tenere insieme dal M5s a Azione e Italia Viva, come non accade in nessuna altra amministrazione del Paese. Abbiamo confermato per la prima volta nel 2018 la maggioranza di governo nel Lazio, ma dieci anni sono lunghi e c'è un ciclo che si chiude, per questo innovare la nostra visione di governo per il Lazio e proiettarla nel futuro è una necessità. Se il nostro dovere è battere le destre nessuno pensi di campare di rendita, serve una coalizione larga ma anche con un programma e valori chiari.
Si comincia a parlare di primarie così come i retroscena presentano i primi candidati. Che ne pensa?
Sta crescendo anche grazie a Fanpage.it il dibattito intorno alle primarie. Ritengo siano uno strumento utile ma a due condizioni. La prima che non siano la conta tra le correnti, ma che sappiano stabilire un rapporto con il nostro popolo su tutto il territorio regionale. E la seconda condizione la affermo con grande fermezza: non possono essere un affare di soli uomini o con una quota femminile messa lì per non essere competitiva e non fare brutta figura… L'elezione di Cecilia D'Elia alle elezioni suppletive della scorsa settimana, è un bel segnale in questo senso, non solo una donna ma una femminista. Dobbiamo finirla con la "taglia unica": il politico adulto, maschio e bianco.
La candidatura di Cecilia D'Elia è arrivata scompaginando proprio gli accordi di "caminetto"…
Ed è quello che deve succedere anche per la Regione Lazio, rompere lo schema per allargare il campo e vincere. È una sfida che dobbiamo intraprendere subito, prima che sui nomi sull'ampiezza della coalizione e sugli elementi di innovazione politica e programmatica.
La sinistra si è presentata alle elezioni romane frammentata e divisa, ma con alcuni elementi importanti di novità. In questi anni è diventata un punto di riferimento importante per tante realtà sociali, associative, del terzo settore. Non sente la responsabilità di fare meglio nel 2023?
Ho letto la vostra intervista a Massimiliano Smeriglio e credo che abbia ragione. In un quadro ancora troppo frammentato a rimanere al palo è stata la sinistra ancorata alle sigle di partito, mentre con tutti i limiti del caso avanza una sinistra nuova, che ha un rapporto con e dentro la società, dai centri sociali ai municipi, nelle esperienze di mutualismo e associative. Personalmente ho partecipato alla costruzione di Roma Futura, scommettendo sulla vitalità della rete Pop che presiedo, sul coraggio amministrativo dimostrato da Giovanni Caudo in III Municipio e sul gruppo di attiviste e attivisti che si è ritrovato attorno al nome di Claudia Pratelli, che non a caso è diventata assessora. Così come parla del nostro rapporto con il Terzo Settore l'elezione di Tiziana Biolghini e l'importante delega che ha in Città Metropolitana. Abbiamo avuto dei compagni di viaggio a cui credo una nuova sinistra debba guardare: Elly Schlein e la sua capacità di essere insieme radicale e concreta, il lavoro di Fabrizio Barca con il Forum Disuguaglianze e Diversità e Rossella Muroni con Green Italia, per un ecologismo che è anche lotta per la giustizia sociale. Non basta, ma uscire dalle liturgie che intrappolano la sinistra è possibile e necessario.