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Rebibbia, detenuta trascinata nuda fuori dalla cella da un agente uomo: in 2 sospesi dal servizio

Sono ora accusati di falso ideologico e di abuso d’autorità. I fatti risalgono al luglio scorso, quando una detenuta con problemi psichici era stata trascinata con la forza, e senza motivo, in un’altra cella. L’agente di sesso maschile intervenuto le avrebbe poi detto di non dire nulla. E nella relazione era stato omesso il suo intervento. Una sovrintendente e un assistente capo coordinatore in servizio nell’istituto sono stati sospesi per un anno dal servizio.
A cura di Alessandro Rosi
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Pensavano di poter inquinare le prove, di coprire i loro abusi, ma le telecamere di sorveglianza installate nella casa circondariale femminile di Rebibbia li hanno inchiodati. Due agenti, una sovrintendente e un assistente capo coordinatore in servizio dell'istituto, sono ora accusati di falso ideologico e di abuso d'autorità contro arrestati o detenuti. E un'ordinanza li ha sospesi per un anno dal servizio. La notizia è riportata da la Repubblica.

L'abuso e la relazione falsa

I fatti risalgono al 22 luglio 2020. Sono le due di notte quando una detenuta chiede a un agente della polizia penitenziaria una sigaretta. Non è permesso fumare in carcere, così il poliziotto si rifiuta di dargliela. Ha problemi psichici la donna, reagisce e danneggia un termosifone nella cella in cui si trova. L'agente si infuria, la detenuta si butta a terra, nuda, e viene trascinata di peso in un'altra stanza. Un'azione non necessaria, che appare motivata "da stizza e rabbia per i danni causati dalla donna", scrive il gip nell'ordinanza. Nella cella in cui viene portata non ci sono telecamere. Il poliziotto, di sesso maschile, entra insieme ad altre 5 agenti donne nella stanza. Ne esce bloccando da dietro, sul collo, la detenuta, anche se è ferma e calma. È in imbarazzo, non ha vestiti, e cerca di coprirsi le parti intime. Poi l'agente l'accompagna nella sua cella, nel frattempo messa a posto. Entra con lei lì dentro e ne esce poco più tardi. La detenuta racconterà poi che le ha "intimato il silenzio su quanto avvenuto, consegnandole una sigaretta e minacciandola che qualora avesse parlato le violenze si sarebbero ripetute".

Di questo, però, non c'è traccia nella relazione, dove invece si legge che la detenuta aveva aggredito la poliziotta. Ma dai filmati questo non appare. Quello che manca nel documento, e che gli agenti avrebbero dovuto scrivere, è l'intervento di un agente di sesso maschile, dato che è una circostanza eccezionale, visto che i fatti sono avvenuti nella casa circondariale femminile di Rebibbia.

Gip: "Personalità spregiudicate"

Il gip Mara Mattioli non ha dubbi. Gli agenti della polizia penitenziaria hanno agito insieme per coprire gli abusi. E nell'ordinanza con cui ha sospeso i due poliziotti, il magistrato ritiene "del tutto ingiustificato" l'intervento dell'agente maschile sulla detenuta. Nel motivare il provvedimento, li definisce poi persone "spregiudicate" e ritiene che possano inquinare le prove. Non era infatti la prima volta che avevano commesso violenze, con diverse segnalazioni e condanne disciplinari compiute in passato.

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