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Elezioni comunali Roma 2021

Raggi e Michetti: quel cinismo di essere “ni vax”

Virginia Raggi e il candidato del centrodestra Enrico Michetti hanno ribadito più volte di non voler fare appelli per la vaccinazione riguarda la sfera individuale, i medici e non i politici. Una posizione presa per non inimicarsi i “ni vax”, ovvero gli scettici, dubbiosi e recalcitranti rispetto al vaccino e alla sua efficacia. Una scelta che disimpegna la politica, una scelta in definitiva cinica.
A cura di Valerio Renzi
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Quello che sembra pagare in politica non è l'essere "no vax” ma essere “ni vax”. Ovvero difendere il vaccino non come un atto di responsabilità sociale e verso la collettività, ma come un’iniziativa personale rispetto alla quale chi ha un ruolo politico o istituzionale deve restare fuori. Il vaccino diventa così assimilabile a una questione di fede, ci credo o non ci credo, quando evidentemente investe tutta la sfera pubblica della nostra società investita da una pandemia.

Prendiamo le elezioni romane: né Virginia Raggi né Enrico Michetti vogliono invitare chicchessia a vaccinarsi. La campagna di sensibilizzazione e convincimento che le istituzioni tutte stanno ingaggiando con la società (a dire il vero con moltissimi errori) semplicemente non li riguarda. È un disimpegno completo. Il candidato del centrodestra oggi ci ha tenuto a ribadirlo: lui non è un medico, lui personalmente si è vaccinato, ma in qualità di candidato sindaco della capitale non crede di avere nessun tipo di competenza per invitare i cittadini a vaccinarsi. Virginia Raggi, da quanto è noto ad ora non è vaccinata, essendo guarita dal covid ha dichiarato di avere gli anticorpi ancora alti, ma in ogni caso non ha nessuna intenzione di invitare i cittadini a vaccinarsi. Al pari della convinzione o meno dell’esistenza della Spirito Santo la cosa non la riguarda in quanto sindaca di Roma.

I due candidati non hanno nessuna intenzione di assecondare i convinti No Vax, che rappresentano oggettivamente una esigua anche se ogni tanto chiassosa minoranza, ma piuttosto di non inimicarsi quell’ampio spettro di posizioni scettiche, dubbiose, recalcitranti rispetto al vaccino, alla sua efficacia e alla sua reale necessità, arrivando fino alla timida adesione a qualche confusa teoria del complotto. Posizioni che sono senza dubbio presenti in modo significativo nell’elettorato di destra e pentastellato. Così i candidati decidono, di non decidere, assumendo la postura di chi non ha il coraggio di scendere nel merito delle questioni, e che disimpegna la politica da una questione enorme dove – seppur la libertà di scelta è garantita dal legislatore – è impensabile che non venga coinvolta, visto che parliamo di salute, scuole, lavoro, investimenti pubblici ecc. non certo di questioni che attengono l’intimità di ognuno di noi.

Quando diciamo che la politica, e i politici, così come i sindacato e tutti i protagonisti della nostra vita associata è normale che si occupino della campagna vaccinale in corso, non lo facciamo sostenendo che ogni posizione scettica o dubbiosa, né tantomeno chi si mostra radicalmente contrario, vada demonizzato. Al contrario: ci sarebbe bisogno di denunciare molti degli errori compiuti in queste settimane, a cominciare dalle azioni del Governo. In particolare chi ha a cuore la buona riuscita della campagna vaccinale non dovrebbe chiudere gli occhi su incongruenze e contraddizioni. Non prendere nessuna posizione però è solo cinico.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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