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Ragazzo di 27 anni con problemi psichici si toglie la vita a Rebibbia

A dare la notizia il garante dei detenuti di Roma Capitale, Gabriella Stamaccioni. Che commenta: “Il carcere si dimostra sempre di più il luogo utilizzato per risolvere i problemi che all’esterno non trovano soluzione”. Interviene a Fanpage.it Alessandro Capriccioli, consigliere regionale del Lazio di +Europa, che dice: “Andrebbero aumentati i posti nelle Rems”.
A cura di Alessandro Rosi
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Un giovane di 27 anni si è tolto la vita in carcere. L'ennesimo suicidio in cella che poteva essere evitato. Il ragazzo soffriva di disturbi psichici ed è ancora da chiarire se le sue condizioni fossero compatibili con la detenzione carceraria, o se piuttosto sarebbe dovuto trovarsi in una struttura adeguata.

La tragica notizia è stata data lo scorso lunedì da Gabriella Stramaccioni, Garante dei detenuti di Roma. "Purtroppo un altro suicidio a Rebibbia Nuovo Complesso – si legge nella nota – "Si è impiccato un giovane di 27 anni. Era in carcere da 6 mesi e aveva problemi psichiatrici".

Un suicidio annunciato, visto che il 27enne era "stato sottoposto a vigilanza a vista" perché aveva già tentato di togliersi la vita, e "negli ultimi giorni era passato a regime di vigilanza generale". Secondo la garante si tratta "dell'ennesimo caso di una persona che forse poteva essere curata all'esterno" e "il carcere si dimostra sempre di più il luogo utilizzato per risolvere i problemi che all'esterno non trovano soluzione". Una discarica di problemi che spezza le vite dei più fragili.

Capriccioli (Radicali): “Troppi detenuti non dovrebbero essere in carcere"

Per accogliere persone con problemi psichiatrici gravi che devono scontare una condanna ci sono le Rems (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria). Sono individui che non sono capaci di intendere o di volere e che per la legge "non sono imputabili". Ma i posti sono troppo pochi e così succede che detenuti con problemi psichiatrici rimangono nel circuito carcerario non ottenendo forme alternative di detenzione.

“Le ho visitate tutte quelle nel Lazio di recente", spiega a Fanpage.it Alessandro Capriccioli, consigliere regionale del Lazio di +Europa, "e posso dire che le liste d’attesa sono lunghe. C’è gente che aspetta di entrare, ma non ci riesce. Quello che succede è che le persone in attesa finiscono in altre strutture non adatte alle loro esigenze”. E spesso non riescono a uscire dal carcere: “Tante persone che sono lì non dovrebbero starci”.

Ma perché sono così lunghe le liste d'attesta? “Il personale medico con cui ho parlato mi ha riferito che molte persone che si trovano lì dentro potrebbero anche essere mandate via, ma non succede. Accade che, a volte, i medici lo ritengono opportuno, ma i magistrati di sorveglianza no. Però questo va poi a incidere sulle liste d’attesa”, prosegue Capriccioli. Semplicemente se i posti non sono sufficienti “andrebbero aumentati”.

Ciani (Demos): "Il carcere era la risposta giusta per questo ragazzo?"

Quando avviene un fatto del genere, le domande sul perché è accaduto e se si poteva evitare sorgono spontanee. Le stesse che si pone Paolo Ciani, consigliere della Regione Lazio per DemoS, contattato da Fanpage.it. "Dinanzi a questo dramma non voglio e non posso entrare nel merito della vicenda giudiziaria. Mi pongo però la domanda, vista la giovane età, la fragilità preesistente alla carcerazione, se il carcere sia la risposta sanitaria e sociale giusta, adeguata. Sopratutto in questo tempo di Covid". 

E anche sulle Rems Ciani chiarisce.  "Spesso si pensa che le Rems siano ‘la soluzione'  e si corre il rischio di pensarle come ‘nuovi OPG'. In realtà la legge li considera come un periodo terapeutico (di cura o di stabilizzazione/compensazione) e riabilitativo che necessita, anche qui, del collegamento con il territorio e con la Magistratura". Ma spesso non avviene e questo, secondo Ciani, porta le Rems a essere "isolate e dimenticate".

C'è poi da dire che le persone in attesa nelle carceri e che devono entrare in una Rems "spesso sono tra categorie più vulnerabili e marginali (senza dimora, stranieri, persone con dipendenze varie) e proprio per questo di gestione complessa", prosegue Ciani. Che poi conclude: "Ma dev’essere il carcere la risposta al disagio sociale/esistenziale delle nostre città?".

Tre anni fa il caso di Valerio Guerrieri

Il 24 febbraio 2017 Valerio Guerrieri si toglie la vita a 21 anni nel carcere di Regina Coeli. È in attesa di giudizio, la sua condizione è giudicata non compatibile con il carcere ma per lui non c'è posto in una struttura alternativa e nessuno lo manda ai domiciliari. Il giudice solo 10 giorni prima aveva disposto il suo trasferimento nella Rems di Subiaco. Purtroppo non ci arriverà mai. Il caso di Valerio Guerrieri ha aperto un faro sul cortocircuito che vede i cittadini con problemi psichici intrappolati in cella, purtroppo le loro vite sono ancora appese alla fortuna.

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