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Ragazzino massacrato di botte da un 32enne, la madre: “È vivo, ma non si è mai più ripreso”

L’uomo è stato condannato a dieci mesi di reclusione con pena sospesa. La famiglia della vittima ha impugnato la sentenza: “Non è mai più stato lo stesso”.
A cura di Natascia Grbic
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"Non è più un bambino, ma sta crescendo con tutte le difficoltà psicologiche del caso. Sì, è vero: è vivo, respira e cammina, ma mio figlio non dorme più". A parlare, in un'intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, è la madre di Antonio (nome di fantasia, ndr), il ragazzo di diciassette anni aggredito da un uomo di trentaquattro anni il 23 dicembre 2020.Il ragazzo, allora quindicenne, è stato picchiato in testa talmente forte che hanno dovuto mettergli settanta punti di sutura.

L'ultimo intervento cui si è dovuto sottoporre è stato a settembre: i medici dovevano rimuovere le placche inserite dopo il pestaggio. Tutto questo ha comportato gravi problemi del ragazzo, con i genitori preoccupati per i danni psichiatrici e psicologici riportati. Il grave stato di ansia in cui vive lo hanno portato a decidere di abbandonare la scuola, alla quale non riusciva più ad andare per paura di uscire di casa. "Si è dovuto iscrivere a un liceo online", spiega la madre.

Era il 23 dicembre 2020 quando Antonio è stato aggredito dall'uomo, che all'epoca aveva già trentadue anni. Il ragazzino stava chiacchierando con alcuni amici, quando è stato picchiato selvaggiamente, soprattutto alla testa, dal 32enne. Il motivo? Gli dava fastidio che con il loro chiacchierare facessero rumore. E così ha lasciato il ragazzo a terra, gravemente ferito e in stato d'incoscienza. Trasportato d'urgenza al Bambino Gesù di Roma, è stato operato alla testa: ci sono voluti settanta punti di sutura per la ferita.

Chi l'ha aggredito è stato condannato a dieci mesi di reclusione con pena sospesa. I genitori del ragazzo hanno però impugnato la sentenza e si rivolgeranno alla Cassazione per provare a riqualificare il reato. Secondo loro, infatti, la pena non è congrua.

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