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Ragazza di 20 anni violentata dal pr: distrutti per errore i campioni biologici, erano prove essenziali

I campioni erano essenziali per capire se fosse stata indotta ad assumere la droga dello stupro, ma sono stati distrutti per errore dall’ospedale. Per la violenza sessuale ai danni della 20enne, che aveva assunta come ragazza immagine, un uomo di 36 anni.
A cura di Redazione Roma
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El Taboo, a due passi dalla Stazione Tiburtina, è una discoteca che si anima soprattuto il sabato e il venerdì sera. Un locale dove risuonano ritmi latinoamericani e house. Proprio dopo  una ragazza romana di vent'anni sarebbe stata violentata da un 36enne che l'aveva assunta come ragazza immagine per la serata.

L'uomo, di nazionalità peruviana, è stato posto ora agli arresti domiciliari. Il presunto stupro risale allo scorso ottobre. La giovane era la seconda volta lavorava nel locale. Solo che di quella notte non si ricorda nulla, solo che l'uomo l'aveva invitata a bere un bicchiere tutto di un sorso. Forse uno cocktail con all'interno della droga.

A trovarla è stata la madre, non riuscendo a contattarla, grazie a un'app di geolocalizzazione installata nel telefono. Giaceva in auto, ancora semi incosciente, con il vestito tirato su e diversi segni sul corpo in un parcheggio in zona Settecamini. Non sapeva come fosse arrivata lì, né con chi. La giovane denuncia l'uomo che l'aveva assunto, da cui aveva ricevuto diverse e insistente avances, e che l'avrebbe indotta a bere quel cocktail dopo il quale ha avuto un completo blackout. A quel punto l'uomo è stato ascoltato dagli inquirenti, ha negato ogni violenza. Il 36enne ha confermato di essersi appartato con la giovane, ma di aver scambiato con lei solo delle effusioni, senza consumare un rapporto sessuale completo, e in ogni caso di non aver agito senza il suo consenso.

Determinante per portare all'arresto del pr del locale a quel punto sono le tracce biologiche trovate vestiti della ragazza. Ma ora proprio quei campioni sarebbero stati distrutti dall'ospedale San Santo Spirito, che avrebbe ovviamente dovuto conservarli in quanto prova in un caso di violenza sessuale. Problemi nella "catena di custodia", come si dice in questi casi, che avrebbero portato alla distruzione di prove fondamentali che avrebbero potuto confermare l'identità dell'uomo e accertare se la giovane avesse o meno assunto la "droga dello stupro" o altre sostanze.

La scientifica dei carabinieri avevano già individuato il dna dell'uomo dagli indumenti della giovane, ma ciò non toglie che si trattasse di prove essenziali. Ma cosa è successo? Secondo quanto si è ricostruito i campioni di materiale biologico, sangue e urine prelevati dalla vittima in ospedale, sono stati distrutti dall'ospedale Santo Spirito in quanto arrivati senza essere stadi custoditi adeguatamente, ciò vuol dire che avrebbero potuto essere stati alterati, o che in ogni caso non era garantita tracciabilità e autenticità, circostanza che li ha resi inutili ai fini medico legali, quindi inutili al fine di rappresentare una prova.

Il 36enne intanto si trova agli arresti domiciliari, con l'accusa di violenza sessuale, compiuta “abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica” della vittima. Una inferiorità determinata determinata "dalla somministrazione alla stessa, da lui effettuata, di sostanze alcoliche, narcotiche e stupefacenti", così da indurla a "subire atti sessuali quali un bacio e palpeggiamenti sulle parti intime”.

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