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Omicidio Marco Vannini

Processo Vannini, giudice a Viola Giorgini: “Versione poco credibile, rischia falsa testimonianza”

“Signorina, le ricordo che lei è testimone e ha l’obbligo di dirà la verità, altrimenti incorre nel reato di falsa testimonianza. La invito a essere più credibile”. Così il giudice Garofalo a Viola Giorgini, testimone oggi in aula nel processo bis per la morte di Marco Vannini. La ragazza ha dichiarato di non aver saputo dello sparo fino a che non è arrivata in ospedale.
A cura di Natascia Grbic
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La testimonianza di Viola Giorgini riportata oggi in aula durante il processo per la morte di Marco Vannini, è risultata poco chiara al giudice, che le ha ricordato ‘l'obbligo di dire la verità'. La giovane, il cui racconto sembra essere risultato poco credibile, è stata richiamata dal presidente dell'aula, che l'ha avvertita del rischio di incorrere nella falsa testimonianza in caso di versione non conforme a verità. "Signorina, le ricordo che lei è testimone e ha l’obbligo di dirà la verità, altrimenti incorre nel reato di falsa testimonianza – le ricorda il giudice Garofalo – La invito a essere più credibile". Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli, è stata sentita oggi in aula in qualità di testimone. La sera della morte di Marco Vannini era presente all'interno della villa di Ladispoli dei Ciontoli quando è stato sparato il colpo di pistola che l'ha ucciso qualche ora dopo. Inizialmente indagata, è stata poi prosciolta da ogni accusa.

Giorgini: "Ho saputo dello sparo solo in ospedale"

"Abbiamo cercato tutti di convincere Antonio a chiamare i soccorsi, credevamo all’attacco di panico ma passavano i minuti e la situazione non migliorava – ha dichiarato Giorgini in aula – Marco un momento sembrava essersi ripreso, poi tornava a stare male. Federico quando ha trovato il bossolo ha iniziato a insistere ancora di più con il padre, io non sapevo neanche cosa fosse un bossolo, non so nulla di pistole per me era un attacco di panico". Ha poi aggiunto di aver saputo per la prima volta dello sparo una volta giunti al pit di Ladispoli, quando i medici hanno scoperto il vero motivo del malessere di Marco. "Nessuno avrebbe mai voluto fare male a nessuno. Sono certa che Antonio aveva pensato di poterla gestire lui e che tutto sarebbe andato bene".

Sentenza slitta al 30 settembre

La sentenza del processo d'appello bis per la morte di Marco Vannini è stata rimandata al 30 settembre. Nel procedimento bis i giudici dovranno rivalutare le posizioni dei quattro imputati, Antonio Ciontoli, la moglie, il figlio e la figlia. Dopo la condanna a 14 anni per omicidio volontario del primo grado, Ciontoli era stato condannato in secondo grado a 5 anni di reclusione per omicidio colposo. Secondo la procura, tesi accolta dalla Corte suprema, si trattò di un omicidio volontario con dolo eventuale. La morte di Marco Vannini, infatti, si sarebbe potuta evitare, ma è stata causata dai ritardi nei soccorsi, "dalle bugie e dai depistaggi" messi in atto da Antonio Ciontoli e dalla sua famiglia. Il nuovo processo è cominciato lo scorso 8 luglio.

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