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Processo ai Casamonica, la sentenza: per i giudici è un clan di mafia

Il clan dei Casamonica è un’associazione mafiosa: così hanno stabilito i giudici di primo grado nel maxi processo che si è tenuto nell’aula bunker di Rebibbia, che vede imputate oltre 40 membri della famiglia. La sentenza è arrivata dopo che la corte si è riunita per oltre sette ore in camera di consiglio.
A cura di Luca Ferrero
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Dopo quasi due anni di dibattimento e una camera di consiglio durata circa sette ore, il tribunale di Roma ha emesso le sentenze relative al maxiprocesso Casamonica. Il terzo collegio della decima sezione, presieduto da Antonella Capri, ha deciso: il clan dei Casamonica è mafia. Il procuratore aggiunto della dda Ilaria Calò ha commentato: "È una decisione molto importante che conferma la validità dell'impostazione data dalla Dda e la serietà del lavoro svolto dalla Procura e dalla Polizia Giudiziaria in questi anni".

La condanna più pesante è stata emessa nei confronti di Domenico Casamonica, che dovrà scontare 30 anni di reclusione. Giuseppe Casamonica è stato condannato a 20 anni e 6 mesi, Luciano a 12 anni e 9 mesi, Salvatore a 25 anni e 9 mesi , Pasquale a 23 anni e 8 mesi  e Massimiliano a 19 anni.

Un processo mai visto a Roma

Ci sono voluti due anni per arrivare alle prime sentenze di questo processo, istruito dai due pubblici ministeri esperti di mafie Giovanni Musarò e Stefano Luciani. Per i 44 imputati la pubblica accusa ha chiesto condanne per più di 630 anni, con accuse di estorsione, traffico di droga, intestazione fittizia di beni e detenzione illegale di armi. Tra questi, 14 sono stati accusati del reato di associazione mafiosa. Sono gli esponenti più noti della famiglia: richiesti fino a 30 anni di carcere per Giuseppe Casamonica, meglio conosciuto come Bitalo, e per i suoi fratelli Salvatore, Pasquale e Massimiliano. Ventisei anni di carcere, invece, per Liliana, la donna accusata di aver preso il controllo mentre i fratelli erano in carcere. Per Guerino Casamonica e Ottavio Spada è stata avanzata una pena di venticinque anni. Sedici anni di reclusione, sono stati invece proposti per Antonietta Casamonica, diciassette per Gelsomina Di Silvio. Poi, nella lunga lista, marescialli della finanza, imprenditori e uomini accusati di aver fatto spola tra il mondo criminale e quello degli affari. "Considerando il numero degli imputati e quello dei reati contestati è uno dei processi per associazione mafiosa più importanti mai celebrati a Roma", scrivono oggi sul quotidiano Domani Nello Trocchia e Carmen Vogani. Un processo importante non solo per i numeri: finora l'associazione mafiosa era stata confermata soltanto per i membri del clan Spada di Ostia.

Le condanne dopo anni di sottovalutazione

Negli atti del processo, la pubblica accusa ha voluto ricostruire i decenni di storia che hanno reso grande e potente l'impero dei Casamonica. Una storia lunga quasi mezzo secolo che ha portato gli esponenti della famiglia a trafficare con i narcos sudamericani e a sedersi al tavolo delle trattative con altri clan di primo livello. Un potere che dalla zona Sud di Roma, tra Cinecittà, Romanina, Quadraro e Ciampino, progressivamente si è esteso a tutta la capitale: i Casamonica controllavano i quartieri con usura, piazze di spaccio e violenze quotidiane. Una supremazia criminale che è prosperata in un preoccupante contesto di impunità, omertà e sottovalutazione. Dopo alcuni procedimenti penali, alcuni conclusi ed altri in corso, si guarda a questo importante processo per trovare risposta al cruciale interrogativo: il clan Casamonica è una mafia di serie A o gioca nelle serie minori della piccola criminalità di periferia?

L'omertà e le indagini partite dai pentiti

In questi due anni di processo sono stati ascoltati testimoni e vittime. Alcuni sono fuggiti all'estero, altri sono rimasti in silenzio di fronte ai giudici. Delle venticinque vittime di estorsione e usura, nessuna ha denunciato. Un campo minato di reticenza ha complicato il lavoro della giudice Antonella Capri. Le indagini sul clan Casamonica erano iniziate nell'agosto del 2015, quando Debora Cerreoni, ex moglie di Massimilianoarrivava in procura decisa a raccontare tutto ciò che sapeva sulle gerarchie del clan. Dopo la fuga dalla roccaforte a Porta Furba, ha svelato i nomi e le attività della famiglia. "L'ho fatto per i miei figli", ha spiegato. Ad aprile di quest'anno è stata condannata con rito abbreviato insieme a Massimiliano Fazzari: a entrambi è stata riconosciuta l'attenuante di collaboratori di giustizia.

Gli arresti e il tesoro sequestrato

Le informazioni fornite agli inquirenti da Debora Cerreoni hanno permesso, nel luglio del 2018, di arrestare più di trenta persone, appartenenti o affiliati al clan dei Casamonica. 37 le misure di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Roma nel corso dell'operazione: tra queste c'era quella per Giuseppe Casamonica, ritenuto il promotore dell'associazione a delinquere. I contorni del clan e delle sue attività criminali hanno così iniziato ad essere delineati. Già un anno prima, con il sequestro di beni per 19 milioni di euro, era stato colpito e reso visibile a tutti il potere economico delle famiglie di Roma Sud. Ville, ristoranti, cavalli e autosaloni: il cosiddetto tesoro dei Casamonica. Nell'aprile del 2019, un altro duro colpo per l'organizzazione: l'operazione Gramigna Bis ha portato all'arresto di 23 esponenti delle famiglie Casamonica, Spada e Di Silvio.

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