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Pratica l’eutanasia su una malata terminale. Il medico rischia processo: “Era ormai impossibile sedarla”

Per il Pm il medico dell’Idi agì su richiesta del marito della donna: ora rischiano entrambi di essere rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio volontario. Il 10 novembre prevista l’udienza davanti al Gup.
A cura di Simone Matteis
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È la storia di una donna di 47 anni, malata terminale, deceduta nel 2019 all'Idi – Istituto Dermopatico dell'Immacolata dopo un'iniezione di cloruro di potassio. Ad somministrare la dose letale fu un medico, oggi 36 anni, che davanti alla commissione dell'Ordine dei medici di Latina ha affermato di aver agito sollecitato dal marito della donna che gli avrebbe chiesto di "fare qualsiasi cosa, affinché la moglie terminasse quella sera".

Medico e marito rischiano l'accusa di omicidio volontario

Sulla vicenda, risalente al 13 marzo 2019, il medico è stato chiamato a testimoniare durante il procedimento disciplinare condotto dall'Ordine dei medici del capoluogo pontino. La frase pronunciata dall'uomo, riportata dal Corriere della Sera, lascia aperti però diversi dubbi riguardo il suo reale significato: cosa voleva dire realmente il marito della donna morta all'Idi? Cosa voleva che "terminasse" proprio quella sera? La vita di sua moglie o le sofferenze che stava patendo?

Domande a cui, però, soltanto il medico accusato di aver eseguito l'iniezione letale potrebbe dare una risposta, ma dopo le indagini l'uomo non si è mai voluto sottoporre all'interrogatorio del Pm Stefano Luciani: secondo il Pubblico Ministero, a uccidere la donna fu proprio la fiala di cloruro di potassio iniettata dal medico su sollecitazione del marito della donna, tanto che entrambi rischiano il rinvio a giudizio con l'accusa di omicidio volontario.

L'indagine scattata subito dopo l'iniezione letale

Il 13 febbraio 2019 la donna, malata da tempo di tumore, era stata sedata causa dei forti dolori che il tumore in corso le provocava in tutto il corpo. Dopo l'iniezione di cloruro di potassio, riportata anche sulla cartella clinica, avviene il decesso della donna. Immediatamente l'Idi avviò un procedimento disciplinare nei confronti del medico che venne ascoltato da una commissione interna il 25 febbraio.

In quell'occasione, sempre stando a quanto riportato dal Corriere, il 36enne fornì la sua versione dei fatti: "Verso l’una e mezza vengo chiamato in Oncologia per assistere la paziente. Nonostante l’implemento della dose e della velocità di infusione dei sedativi non si riusciva ad ottenere ormai un valido stato di sedazione con alterazione dei parametri cardiocircolatori visto il suo stadio terminale. L’infusione attuata nei confronti della malata era non di cloruro di sodio allo stato puro, ma in forma diluita".

Dopo l'udienza, la decisione di licenziare il medico, che da allora non parlò più dell'accaduto ma il prossimo 10 novembre, a più di quattro anni di distanza dalla morte della donna, il medico avrà un'altra occasione per raccontare nel dettaglio al Gup cosa successe quella notte del febbraio 2019.

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