Poteri straordinari e fondi a Roma Capitale: la Camera dice sì al testo di Giorgia Meloni
Con un'ampia maggioranza trasversale a forze di Governo e di opposizione, la Camera dei Deputati ha detto ‘Sì' a un ordine del giorno a prima firma Giorgia Meloni che prevedere poteri straordinari per Roma Capitale e risorse speciali per la città. Partito Democratico e Movimento 5 Stelle come il resto del parlamento tranne pochissime eccezioni, hanno votato l'ordine del giorno (478 sì, 7 no e 6 astenuti), sotto pressione soprattutto della truppa dei parlamentari romani, determinati in modo bipartisan a presentarsi alle prossime elezioni comunali con dei risultati concreti. Ora la partita vera sono le risorse del Recovery Fund per sostanziare il voto di ieri.
Meloni: "Città Eterna attende da troppo tempo"
In un primo momento il Governo aveva chiesto la riformulazione del testo, poi la decisione di accogliere così come è stato presentato il testo della presidente di Fratelli d'Italia che esulta: "Il Parlamento e il governo – si assumono un impegno solenne per dare alla Città Eterna l’attenzione che attende da troppo tempo. Noi continueremo a vigilare e a lavorare in ogni sede affinché si raggiunga questo obiettivo storico nel più breve tempo possibile. Siamo orgogliosi di questo risultato e ogni italiano deve esserlo".
Virginia Raggi: "Status Capitale non sia terreno di scontro
Così se Meloni si intesta il successo del voto per Roma, si tratta a tutti gli effetti di una convergenza trasversale. "Il consenso bipartisan riconosce quanto ho sempre sostenuto: lo status della Capitale d’Italia non deve essere terreno di scontro politico ma un riconoscimento delle sue specificità e del ruolo che Roma ricopre a livello internazionale", sottolinea la sindaca Virginia Raggi. La sindaca poi avverte: ora servono impegni concreti non solo petizioni di principio.
Più poteri per Roma: chi ha votato no e chi si è astenuto
A votare no all'ordine del giorno sono stati in sei: Francesco Scoma di Italia Viva; Mirco Badole, Silvana Comari e Sergio Vallotto della Lega; Alberto Manca e Alessandro Melicchio del Movimento 5 Stelle; Luciano Pizzetti del Partito Democratico. Astenuti Vittorio Sgarbi, iscritto al Misto, e i leghisti Flavio Gastaldi, Guglielmo Golinelli, Lino Pettazzi, Alberto Ribolla e Lucca Toccalmi. In tutto i leghisti che non hanno mandato giù il voto per la Capitale una volta "ladrona".