Ponte Galeria, migranti con problemi psichici a rischio espulsione. Il Garante: “È illegittimo”
Nel Cpr di Ponte Galeria, alle porte di Roma, si registra sempre più spesso una prassi illegittima. Se un migrante è vulnerabile, affetto da gravissime patologie psichiatriche, rischia comunque l'espulsione, e senza nemmeno avere diritto di essere difeso dal suo avvocato di fiducia.
È la storia di un giovane di 32 anni, in Italia da molti anni, che aveva ottenuto un permesso per cure mediche, valido fino al 31 agosto 2020, e che poi gli sarebbe stato revocato perché si è ritenuto fosse socialmente pericoloso, a seguito di una denuncia per atti osceni in luogo pubblico. Il migrante, nato in Ucraina, si trovava prima detenuto al Cpr di Gradisca, ed era seguito dal Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. Poi è stato trasferito al Cpr di Ponte Galeria, dove è tutt'ora detenuto. Ma come succede ormai sempre più spesso in occasione delle periodiche udienze di proroga della misura di trattenimento, anche in questo caso il decreto di fissazione dell'udienza non è stato notificato al suo avvocato di fiducia, nominato in sede di prima convalida della misura a Gradisca.
In pratica la proroga viene considerata un procedimento autonomo, e l'avvocato di fiducia non ha ricevuto nessuna informazione sullo sviluppo del trattenimento del suo assistito, pur non essendoci stata alcuna comunicazione di una eventuale revoca del suo mandato da parte del cittadino straniero. Esiste solo un foglio prestampato in cui l'uomo dichiara di non avere avvocati di fiducia. Il rapporto dello straniero con il suo avvocato di fiducia, che avrebbe potuto assicurare il rispetto dei suoi diritti, non è stato preso in considerazione.
La Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili (CILD), che insieme a Baobab Experience sta seguendo il caso, ha sollecitato con una lettera l'intervento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, informando anche il Garante nazionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale e il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio. Si legge nel testo della lettera:
"Questa modalità di procedere da parte delle autorità competenti sembra essere espressione di una prassi ormai consolidata in base alla quale, nei procedimenti di prima convalida e successive proroghe del trattenimento degli stranieri irregolarmente presenti sul territorio italiano, ogni udienza – dalla convalida del trattenimento alle successive proroghe – viene considerata come procedimento autonomo e, pertanto, l’avvocato di fiducia nominato in sede di prima convalida non è considerato legittimato a presenziare alle successive proroghe".
Vista la fragilità del cittadino ucraino non solo ogni ipotesi di rimpatrio dovrebbe essere esclusa, perché potrebbe comportare danni irreparabili alla sua salute fisica e mentale, ma anche la stessa detenzione all'interno del Cpr di Ponte Galeria non dovrebbe essere consentita. Eppure proprio ieri si è svolta l'udienza a Ponte Galeria, in cui è stata convalidata la proroga del trattenimento. Come si vede, a livello procedurale, in vista di una sua sempre probabile espulsione, il migrante non è stato tutelato.
Ma c'è di più. Come ha raccontato Cild a Fanpage.it l'avvocato d'ufficio nell'ambito dell'udienza di ieri ha chiesto di produrre una lettera del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio Stefano Anastasia del 22 settembre scorso (indirizzata, tra gli altri, al giudice di pace e all'ufficio immigrazione) insieme a documenti medici allegati alla missiva del Garante che erano stati precedentemente inviati dall'avvocato di fiducia, e la lettera a firma di Cild indirizzata al Presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati.
Il giudice però ha rigettato la richiesta ritenendo che il deposito poteva avvenire soltanto in cancelleria fino al giorno precedente all'udienza, dichiarando inoltre che nel fascicolo processuale non c'è traccia di alcuna documentazione medica, che attesti il precario stato di salute mentale dell’assistito. A quanto risulta al Cild, l'interessato si è rifiutato per due volte di sottoporsi a visite mediche per verificare la compatibilità con la detenzione al Cpr (accertamenti richiesti sia dall'avvocato di fiducia che dal Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio Stefano Anastasia). Il giudice quindi non ha potuto fare altro che convalidare la proroga del trattenimento, concedendo al difensore di depositare la documentazione in suo possesso fuori udienza, per una eventuale nomina di un perito e una nuova decisione in ordine alla compatibilità. Ma il tempo stringe, e per la Questura a giorni il migrante potrebbe essere rimpatriato, in assenza di documenti che dimostrino i problemi di salute.
Il Garante a Fanpage.it: "Trattenuto illegittimamente"
"Il problema in primo luogo è la palese incompatibilità di questa persona con quella struttura – ha detto il Garante Stefano Anastasia a Fanpage.it – La questione dell'eventuale espulsione viene dopo. Siamo davanti a una persona che chiaramente non è in condizioni di sopportare la detenzione all'interno di un Cpr, ed è questo punto che non si riesce a sollevare davanti al giudice di pace, che continua a non prendere in considerazione delle certificazioni mediche che pure personalmente ho inoltrato al Tribunale, da cui risulta in modo inconfutabile che si tratta di una persona affetta da gravi problemi psichiatrici".
"Purtroppo la asl di Roma non riesce a rilevare queste patologie perché il cittadino straniero è in un tale stato di confusione e sofferenza mentale che non intende sottoporsi ad accertamenti. L'unica cosa che si poteva fare a questo punto era informare l'avvocato d'ufficio di questa situazione, come abbiamo fatto, affinché potesse produrre questa documentazione medica, di cui ovviamente non poteva essere a conoscenza. Il rischio di espulsione è sempre incombente, e a quel punto cosa farà? Intanto c'è il perdurare di una condizione che dal punto di vista del nostro ordinamento è illegittima, perché prima di stabilire il trattenimento di una persona in un Cpr bisogna valutare la sua capacità di sostenere quel regime di privazione della libertà. Ed è certo che una persona già in sofferenza mentale aggrava la sua condizione in una situazione del genere".