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Poliziotti si fingono pedofili online e scoprono chat compromettenti: oltre 50 persone coinvolte

Tutto è iniziato con l’arresto di un pedofilo nei mesi scorsi. Per non destare sospetti, i poliziotti hanno deciso di utilizzare i suoi contatti online per infiltrarsi e continuare le indagini.
A cura di Beatrice Tominic
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Dopo un arresto hanno deciso di infiltrarsi online utilizzando il suo nickname: è così che i poliziotti sono riusciti a farsi largo in una rete di oltre 50 pedofili. Per non insospettire gli altri utenti, hanno utilizzato lo stesso tono di voce e modo di comunicare della persona arrestata, cercando di essere il più possibile indistinguibili dal proprietario del profilo. E ci sono riusciti. Le indagini, coordinate dalla capitale, sono andate avanti sei mesi: sono almeno una cinquantina i profili trovati grazie a questo sistema. A frCome scrive il Corriere della Sera, fra loro sono presenti anche tre romani: due denunciati e un arresto.

Arresto e denunce nella capitale

Disoccupato e incensurato l'uomo trasferito a Regina Coeli subito dopo la perquisizione a Roma. Si tratta di un quarantacinquenne. Oltre a lui, atteso nei prossimi giorni dal gip per l'udienza di convalida, sono stati raggiunti da denuncia altri due maggiorenni: nessuno dei tre poteva immaginare che la polizia stesse indagando su di loro e che sarebbe presto arrivata con un mandato di perquisizione.

I blitz e le indagini

Una volta individuati i tre pedofili attivi nella capitale, le forze dell'ordine hanno fatto irruzione nelle loro abitazioni: sono stati trovati smartphone utilizzati per scambiarsi file compromettenti, foto e video di abusi sessuali su minorenni, anche bambini, realizzati all'estero. Non si esclude, anche per questa ragione, che l'indagine possa oltrepassare i confini del nostro Paese: i risultati sono già stato condivisi con gli altri Stati. Nel frattempo, in Italia, dopo l'ingresso nelle chat di Viber, continuano i controlli su 38 province: le persone arrestate in totale sono state 28, di cui alcuni pensionati fino a 73 anni e anche cinque minorenni.

Per il Cncpo, il Centro nazionale per il Contrasto alla pedopornografia online, si tratta di una rete molto fitta. Nel frattempo si cercano gli amministratori delle chat: rischiano, fra le altre accuse, anche quella di associazione a delinquere per la gestione dello scambio di materiale pedopornografico. Quella che si è chiusa oggi potrebbe rappresentare soltanto una prima indagine: nuove piste si aprono grazie alla scoperta degli oltre 130 spazi virtuali in cui venivano scambiati file e commenti.

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