Peste suina: rischi e pericoli del virus che infetta per anni anche se carni e salumi vengono cotti
Parchi chiusi, pic nic vietati, barriere davanti ai cassonetti dell'immondizia. L'obiettivo è quello di evitare che l'epidemia di peste suina africana si diffonda anche a Roma tra i cinghiali che vivono in città. Il primo caso è stato individuato a nord della Capitale e la Regione Lazio è corsa ai ripari individuando una zona infetta ad alto rischio. Questa malattia è nata in Africa ed è causata da un virus che infetta cinghiali e maiali. Probabilmente l'ospite originario era una zecca, ma in seguito questo virus ha cominciato ad adattarsi e la trasmissione da animale ad animale è diventata facilissima. Fortunatamente rimane circoscritto ai suini e non c'è alcun pericolo per altre specie e in particolare per gli esseri umani.
Virus rimane vivo anche con carni cotte o congelate
Il problema più grave, ha spiegato Loretta Tuosto, professoressa associata di Immunologia al dipartimento di Biologia e Biotecnologia "Charles Darwin" dell'università La Sapienza di Roma, "è che si tratta di un virus altamente contagioso e mortale per il 90 per cento dei maiali e dei cinghiali. Per l'uomo non ci sono problemi dal punto di vista patologico, il virus non si replica all'interno degli esseri umani. Per noi l'unico grande problema sono le perdite economiche e le ripercussioni sul commercio di animali vivi, ma soprattutto di carni lavorate. Questo virus è pazzesco ed è resistente a tutto, è resistente al congelamento e all'abbattimento, è resistente all'aperto e può rimanere vivo per anni, anche se congelato. L'unico modo per inattivare il virus nella carne è cuocerla per almeno mezzora a temperature superiori a 70 gradi. Pensate una bistecca cotta sul fuoco per oltre mezz'ora…". Il virus resta attivo in tutte le carni lavorate, come salumi e salsicce. "Forse l'unico prodotto in cui non resiste è il prosciutto crudo stagionato, ma parliamo di almeno un anno di stagionatura… lì non è stato mai trovato. Al contrario in salumi, salsicce, carni fresche o lavorate il virus c'è ed è infettivo".
Come si contagiano i cinghiali
Principalmente i maiali e i cinghiali contraggono il virus attraversi i rifiuti di scarto, cioè, per esempio, gli scarti di carne infetta consumata dagli esseri umani. "Questa malattia dalla fine degli anni 70 è endemica in Sardegna e lì viene contenuta perché tutti gli allevamenti hanno un altissimo livello di biosicurezza, con test specifici che vengono effettuati periodicamente sugli animali. Nei luoghi in cui è endemico questo virus, c'è un controllo e una biosicurezza adeguata", spiega ancora la professoressa Tuosto.
Perché si rischia di diffondere il virus con un picnic
In altre zone, come per esempio una città e nello specifico Roma, è molto più difficile applicare queste regole di biosicurezza. "I cinghiali a livello selvatico sono tantissimi e questo virus è presente in tutti i tessuti, saliva, feci, per cui viene disseminato al passaggio di ogni cinghiale. Se un uomo va a fare un picnic in un'area infetta, egli si poterà dietro materiale contaminato dal virus anche attraverso gli pneumatici della macchina, le scarpe, i guanti, e così trasporterà il virus in altri territori. Noi esseri umani siamo il principale vettore, lo trasmettiamo con tutti gli oggetti che possono venire in contatto con terreni in cui ci sono secrezioni di maiali o cinghiali infetti. Perciò è facilissimo estendere questa infezione ad altre zone. È facilissimo trasmettere questo virus anche e soprattutto in città".
Peste suina, una morte atroce per i cinghiali
Questa malattia, inoltre, provoca una morte atroce negli animali. Tuosto spiega che il virus "colpisce tutti i tessuti. La cellula base che viene infettata è il monocita e il macrofago. Il primo si trova nel sangue e il maiale ne produce ogni giorno milioni. I macrofagi sono invece in tutti i tessuti e in tutti gli organi. Appena il virus entra, infetta le cellule del sangue, i globuli bianchi e tutte le cellule dei tessuti causando l'emorragia. Alla fine, questi animali muoiono per distruzione multi organo e multi tessutale. Sono evidenti queste emorragie a livello della cute, degli occhi, delle mucose. È una morte terribile, atroce, sofferente. Inoltre gli animali rilasciano tantissimo virus nel momento in cui muoiono. La carcassa è un serbatoio di virus che rimane per tanto tanto tempo e, ricordiamo, si tratta di un virus che vive più di due anni se viene congelato, più di un anno a temperature che vanno da 4 gradi in su. Per poterlo inattivare, bisogna farlo stare a 70 gradi per almeno 30 minuti".
Virus innocuo per gli esseri umani, ma conosciamo malattie simili
Come detto, questo virus non è pericoloso per gli esseri umani, ma ci sono altre malattie che causano sintomi simili nell'uomo. "Per esempio – spiga ancora la professoressa- la febbre emorragica è una malattia virale che colpisce l'uomo, molto rara. Possiamo pensare anche ad alcuni virus che sono presenti in Sud America, trasmessi anch'essi da zecche o zanzare. Si tratta di febbri emorragiche, che ovviamente non hanno un esito fatale e così devastante come la peste suina. L'animale, infatti, non risponde dal punto di vista immunologico e per questo non si riesce a produrre neanche vaccini. In genere, per quello che riguarda le febbri emorragiche umane, c'è sempre un vettore che è un insetto o una zecca. Pensiamo alla Zika oppure alla chikungunya, virus che possono dare origine a questi sintomi. Oppure, ancora, con sintomi sintomi simili è quello dell'Ebola. Il problema della peste suina è che il virus si trasmette da animali ad animali attraverso le secrezioni, le feci e i tessuti".