La musealizzazione di un evento, una civiltà, un periodo storico, di un'esperienza umana è un'operazione molto complicata e rischiosa. L'idea di fare a Roma un ‘Museo del Fascismo', contenuta in una mozione firmata da Gemma Guerrini non può essere tacciata però di essere un'operazione nostalgica o di celare l'idea di voler costruire una specie di Disneyland mussoliniana.
Sarebbe intellettualmente scorretto accusare la consigliera grillina di voler costruire un'operazione culturale non in sintonia con i valori dell'antifascismo, come sembrano lasciare intendere le prese di posizioni del centrosinistra. Ci sta, è nel gioco delle parti della polemica politica, e per togliersi di impaccio la sindaca di Roma Virginia Raggi (che dell'antifascismo come valore non negoziabile ha fatto una bandiera) è intervenuta subito a mettere uno stop.
Per capire la buona fede della consigliera basta leggere il contenuto della mozione, il cui unico scivolone è la scelta di citare tra le istituzioni da prendere a modello la "Casa – Museo del Terrore" di Budapest che più che a un'operazione storicizzazione assomiglia a un'operazione di semplificazione, che mette sullo stesso piano il regime stalinista e il nazismo sottolineandone un'immaginaria continuità.
E allora cos'è che non va nell'idea presentata dal Guerrini? Semplice: non si può musealizzare il fascismo in un paese in cui ci sono ancora i fascisti. La paura che traspare dalla nota con cui l'Anpi si scaglia contro la proposta centra il punto alla perfezione: "Tutto ciò viene previsto per un Museo che verrà realizzato e gestito dalla prossima consiliatura capitolina, sui cui valori antifascisti nulla possiamo oggi prevedere". Il rischio di un'istituzione culturale governata da una destra in cui ancora si discute delle cose buone fatte da Mussolini, e i cui esponenti molto spesso non si vergognano di fare il saluto romano o si lasciano andare a festeggiamenti per il genetliaco del Duce, è sotto gli occhi di tutti.
Non solo: la destra ha costruito in questi anni una politica pubblica sulla storia e sulla memoria basata su pochi capi saldi, portati avanti però con caparbietà: le Foibe come argomento per screditare tutta la Resistenza e per mettere moralmente sullo stesso piano i due fronti, la denuncia dei ‘crimini dei partigiani' da parte di una storiografia raffazzonata e ideologica, il ridimensionamento delle responsabilità del regime fascista nello sterminio e nelle politiche razziali accompagnato dalla diffusione delle ‘tante cose buone' fatte per gli italiani (bufale che un libro recentemente ha smontato una per una), il superamento del paradigma fascisti vs antifascisti per rendere presentabile il fascismo, il ribaltamento della presunta egemonia culturale e morale della sinistra (la cosiddetto dittatura del politicamente corretto).
L'idea che il fascismo e la sua eredità possano essere materia da museo è purtroppo una pericolosa ingenuità. Il fascismo e la sua eredità invece sono tutt'ora, drammaticamente, un terreno di contesa e conflitto politico, di ricerca storiografica e di polemica. Nel paese che non sa riconoscere i suoi crimini coloniali, del mito degli ‘italiani bravi gente' e delle fiction pagate con i soldi pubblici che riscrivono la storia non siamo decisamente ancora pronti per mettere il fascismo in un museo e non fargli fare danni.