A 48 ore di distanza penso che le cose vadano dette con onestà intellettuale: lo scandalo, e la successiva rimozione e distruzione della targa in memoria di Francesco Recchioni, una delle vittime di Acca Larentia, da parte del comune di Roma, è stato un errore.
Prima di tutto: quando è iniziata la comunicazione del Partito Democratico sembrava che la targa fosse stata appena apposta e cementata in via Evandro, invece quella targa era lì da decenni, era stata solo rimossa e successivamente riapposta al termine dei lavori del palazzo.
La targa era abusiva? Questo è probabile, nel senso che non era stata cementata con il favore dell'amministrazione pubblica, ma con un accordo con il condominio. Certo è che vedere il nucleo del decoro urbano di Roma Capitale correre per distruggere un elemento presente da anni nel panorama cittadino, non ha brillato per trasparenza.
La città di Roma è disseminata di targhe, scritte, piccoli sacrari delle vittime dei cosiddetti "anni di piombo". Alcuni sono stati inaugurati dalle amministrazioni comunali, per lo più come elementi di "pacificazione", altri invece sono custoditi dalla memoria "militante" di chi ha avuto un legame diretto con quei morti, e da chi sente un legame con quelle figure perché ne perpetua gli ideali.
Ha davvero senso accanirsi contro questi simboli? Da antifascista, credo di no. Da antifascista spero che chi sente il bisogno di perpetuare la propria memoria tramite i saluti romani o l'esibizione delle croci celtiche, si estingua politicamente con il proprio mortifero bagaglio ideologico. Ma finché questo non avviene, non è togliendo una targa o vietando il saluto romano che si risolverà il problema.
La destra italiana da anni porta avanti una campagna di riscrittura della più recente storia nazionale in nome del vittimismo. Questa prevede la cancellazione della memoria dello stragismo e delle responsabilità della propria parte in quella pagina della storia italiana, e la promozione del riconoscimento dei propri "caduti".
Una destra che non può ritrovarsi nell'antifascismo e nella storia della Resistenza, sta proponendo un nuovo patto fondativo alle forze politiche parlamentari: di fondare la Repubblica sul rifiuto della violenza politica degli anni Settanta, e sul mutuo riconoscimento delle vittime.
Per questo l'insistenza ossessiva su una figura come quella di Sergio Ramelli o sulla strage di Acca Larentia: queste storie sono storie tragiche, che chiunque di noi leggendole non può che provare a decenni di distanza pietà umana e empatia. Sono storie che senza una lettura della Storia con la maiuscola, servono a legittimare la destra al potere raccontando la favola dei rossi mostruosi con la chiave inglese in mano assetati di sangue, contribuendo a criminalizzare qualsiasi vagito di conflittualità sociale associandolo sic et simpliciter al terrorismo.
Tornando ad Acca Larentia: la targa sarebbe dovuta rimanere al suo posto, a testimonianza di un ricordo di parte. O quanto meno la rimozione avrebbe dovuto essere l'epilogo di un processo di discussione pubblica, non l'esito di una rimozione o di una pacificazione forzata. Il risultato invece sarà, sembra, una nuova targa, questa volta del comune, dove tutti dovremmo riconoscerci (?).