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Elezioni regionali Lazio 2023

PD e Movimento 5 Stelle: ora chiedete scusa agli elettori che avete deciso di umiliare

Se c’è un limite alla pazienza anche degli elettori del centrosinistra, questo è stato superato a questa tornata elettorale. PD e M5S, dopo aver caparbiamente perseguito il disastro per logiche incomprensibili agli elettori, chiedano scusa.
A cura di Valerio Renzi
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Le cose sono andate esattamente come previsto: il centrodestra ha stravinto, Fratelli d'Italia prende circa il 35% dei voti e Francesco Rocca è il nuovo governatore della regione Lazio. Anzi sono andate peggio del previsto per le opposizioni: con il 37.2% degli aventi diritti andati alle urne si è registrata l'affluenza più bassa di sempre per una competizione regionale. Un dato deprimente, soprattutto perché sembra aver penalizzato proprio chi avrebbe dovuto mobilitare l'elettorato per una riscossa dopo la sconfitta del 25 settembre scorso e l'avvento del governo della destra destra di Meloni.

E invece le cose non sono andate così. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno umiliato e frustrato i loro elettori, facendo finta di non vedere che il risultato era inevitabile: divisi avrebbero consegnato il governo della destra, uniti avrebbero potuto giocare la partita, anche perché il candidato del centrodestra è sembrato tutt'altro che imbattibile. E invece a Rocca è bastato stare fermo per vincere, esponendosi il meno possibile. Anzi per la maggior parte della campagna elettorale Alessio D'Amato e Donatella Bianchi si sono attaccati di più vicendevolmente, cercando di svuotare il bacino elettorale dell'avversario, che fare campagna contro il centrodestra.

Eppure era abbastanza facile: nel Lazio Movimento 5 Stelle e PD già governavano insieme e a dire il vero neanche male. Bastava chiedere agli elettori ancora fiducia per continuare a portare a termine le azioni intraprese dalla sanità ai trasporti, dalla riconversione ecologica alla sanità, dal welfare alla tutela ambientale, rivendicando con forza l'azione di governo condivisa. Se poi Calenda e Renzi non ci volevano stare saranno pure stati affari loro.

E invece niente da fare, hanno prevalso logiche arzigogolate e ciniche, calcoli elettori nazionali e l'ossessione di Conte di sostituirsi al Partito Democratico. Certo ha pesato la fine del governo Draghi, l'arroganza del gruppo dirigente dem e anche la scelta di Gualtieri di realizzare un inceneritore. Ma diciamocelo: quella scelta è stata subita dall'amministrazione regionale uscente di centrosinistra, tanto che è stata fatta in deroga al piano rifiuti e con l'assegnazione di poteri straordinari al sindaco di Roma. Uno strappo che poteva però essere ricucito, una forzatura che si poteva mettere da parte con un ragionamento lineare: abbiamo governato bene insieme per due anni, continuiamo a farlo.

Anche perché l'abbaglio di Giuseppe Conte e del Movimento 5 Stelle è che il "no" all'inceneritore fosse una tema identitario tramite cui costruire consenso e cannibalizzare il Partito Democratico. Al contrario a Roma e sul territorio un'opposizione vera alla scelta dell'inceneritore deve essere ancora costruita, e la gran parte dei cittadini è favorevole o indifferente (pure perché dell'emergenza rifiuti i romani non ne possono più). I pentastellati sognavano di avvicinarsi al 20%, masi fermano sotto il 10%. Un fallimento anche la lista di sinistra Polo Progressista, costruita riciclando ex Leu ed ex Verdi messi insieme con Sinistra Italiana: una sommatoria di gruppi dirigenti senza voti che supera di poco l'1%.

Il Partito Democratico invece tiene con il 20% dei voti. Una consolazione veramente magra, per un gruppo dirigente che è apparso disinteressato di tutto se non nella raccolta delle preferenze. Il PD non è crollato nonostante il PD, questa è l'impressione, rimanendo il punto di riferimento unico per gli elettori che avevano la fantasia non di inseguire un qualche risultato particolare di competizione interna alle opposizioni, ma di battere la destra. Un partito che oggi più che mai nel Lazio sembra rispecchiare i peggiori difetti che ne hanno determinato la crisi: un'identità programmatica debole, un partito che sembra più la sommatoria di conserterie e correnti che uno spazio di organizzazione democratica e politica.

E ora che succede? Si aprono cinque anni di opposizione difficile contro una destra destra che inizia a mostrare il suo volto feroce. PD e M5S comincino questa nuova stagione con un gesto semplice: chiedano scusa ai loro elettori per il disastro che hanno combinato.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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