Parla il papà di Gianmarco Pozzi, ucciso a Ponza: “Chi avrebbe dovuto tutelarci non lo ha fatto”
"Io ce l'ho con quelli che lo avrebbero dovuto difendere e non lo hanno fatto: c'è tanta gente avrebbe dovuto tutelarci e che non l'ha fatto. Io pretendo giustizia anche da questa parte". Queste le parole di Paolo Pozzi, il padre di Gianmarco, il ventottenne morto in circostanze misteriose a Ponza nel 2020 all'età di 28 anni oggi pomeriggio, intervistato da Myrta Merlino nel corso della trasmissione di Canale Cinque Pomeriggio Cinque.
"Riuscirà mai a trovare pace?", gli domanda la giornalista. E lui risponde: "Sono ancora arrabbiato, io ce l'ho con chi l'avrebbe dovuto difendere. Ma da quando siamo stati ricevuti dalla commissione antimafia sono molto più rilassato e tranquillo, perché abbiamo detto di tutto e di più. Al magistrato ho detto: Lei arresti chi ha ammazzato mio figlio".
La morte di Gianmarco e il viaggio a Ponza
Tutto è iniziato una volta appresa la notizia della morte di Gianmarco, campione di kickboxing conosciuto dell'ambiente sportivo come Jimmy. "Invece di piangere come ho fatto io che sono crollato ha deciso di partire perché non credeva che Gianmarco fosse morto così", spiega il padre.
"Quando sono arrivata ho capito subito che qualcosa non tornava – ricorda durante il programma televisivo la sorella di Gianmarco – Abbiamo appreso la notizia una domenica, eravamo tutti a pranzo insieme. Io ho deciso di partire subito. Ci avevano detto che era caduto da un balcone alto 8 metri, invece sono 2,70 e si tratta un'intercapedine in una casa in mezzo al nulla".
Nessuna autopsia sul corpo
I dubbi aumentano quando non viene loro concesso di vedere il corpo: "Lo abbiamo visto cinque giorni dopo, soltanto in volto. Non abbiamo fatto noi il riconoscimento, lo hanno fatto gli amici di mio fratello, se così si possono chiamare. Sono i ragazzi che vivevano nella casa con lui a Ponza, non ci hanno mai risposto al telefono, ci hanno detto che dormivano", sottolinea. "Sul luogo del ritrovamento l'area non è stata sottoposta a sequestro, non c'è stata autopsia ma soltanto un'ispezione cadaverica. Non riporta neppure l'orario del decesso, dice solo che è morto presumibilmente per una caduta. E poi sono state allegate le foto, che noi abbiamo visto soltanto cinque mesi dopo".
Il ritrovamento della carriola
"Ci hanno detto anche che è risultato positivo alla cocaina: per me è stata una grossa delusione", continua il padre che, dal 2020, torna ogni anno a Ponza. E che la scorsa estate, proprio durante uno dei suoi viaggi sull'isola pontina, ha trovato la prova che potrebbe rappresentare la svolta nel caso. Si tratta di una carriola su cui, secondo alcuni testimoni, tre ragazzi avrebbero trasportato il corpo di un'altra persona coperta da un telo.
"Entro sempre dallo stesso cancello. Stavolta sono passato da un'entrata secondaria. E fra i rovi, dietro ad un cespuglio grande, ho visto un manico con una maniglia rossa. Mi è preso un colpo. Sono andato a vedere e c'era la carriola. A 140 metri dal luogo del ritrovamento del corpo. E allora ho pensato a tante cose… La sensazione è che non importasse nulla a nessuno di mio figlio. Ma ora si indaga contro ignoti per omicidio". E proprio su quella carriola si stanno concentrando le indagini: sopra l'attrezzo sono state ritrovate tracce di Dna appartenenti a due uomini.
Le indagini per omicidio
Presente in studio anche l'avvocato della famiglia che ha parlato di omicidi di serie A e omicidi di serie B: "Questo è uno dei secondi, uno di quei casi in cui non si sarebbe dovuto indagare – spiega il legale – Perché non hanno fatto l'autopsia su un ragazzo di 28 anni con multifratture? Si fanno anche su corpi di 90 anni per capire se si sia trattato di una caduta o di un investimento, ad esempio. O, ancora, il medico legale che è intervenuto sul posto, non ha fatto una perizia medico legale né sequestrato la zona. Ma dalla consulenza che abbiamo chiesto ad un altro medico legale è emerso che si tratta inequivocabilmente di omicidio".