La spesa militare italiana sta conoscendo un'impennata. Secondo quanto riportato dall'Osservatorio Milex per il 2025 spenderemo 32 miliardi in armamenti, con un più +12,4% sul 2024, ben il 60% in più per nuovi armamenti, per i quali spenderemo il 77% in più che nel quinquennio precedente. Ma la Difesa non investe solo in cannoni, droni, sistemi di puntamento, mezzi corazzati e missili, ma anche in pubbliche relazioni, eventi e sponsorizzando iniziative di varie genere. Possiamo dire che le forze armate e le aziende che si occupano di Difesa e armamenti stanno ricostruendo, in tempi di guerra, la loro presenza nella sfera pubblica e sociale.
Ne sono un esempio le mostre in corso a Roma al Museo Storico della Fanteria. Chi si recherà alla mostra di Antonio Ligabue e alla mostra di Joan Mirò, scoprirà subito che si tratta di un'iniziativa di Difesa Servizi, sostenuta da MBDA. Difesa Servizi è una società per azioni del Ministero della Difesa, il cui obiettivo è valorizzare beni immobili quanto immateriali che appartengono alle forze armate. L'azienda per esempio mette sul mercato i brand della Marina Militare e dell'Esercito, quanto si occupa della valorizzazione dei musei militari disseminati per l'Italia, come nel caso delle mostre romane.
MBDA è invece un consorzio europeo che si occupa di costruire missili e tecnologie militari. Ne fanno parte Airbus Group (Francia), BAE Systems (Inghilterra) e l'italiana Leonardo. MBDA è leader europeo del mercato missilistico, con una quota di circa il 40% del mercato, ed è ben piazzata a livello mondiale dove nel 2024 si è accaparrata il 16% delle commesse, dietro le americane Lockheed Martin e Raytheon. Miliardi di euro di utili che MBDA reinveste anche in minima parte in iniziative di soft power.
Chi arriva alla mostra romana si troverà di fronte a un pannello che recita: "MBDA, azienda europea della difesa, produce sistemi che contribuiscono a garantire la sicurezza di persone e territori. Inoltre promuove e diffonde una cultura della difesa, sostenendo iniziative e progetti come la mostra di Mirò, di cui è partner culturale di Difesa Servizi e Esercito Italiano, che ospita l'evento presso il suo Museo Storico della Fanteria".
Volendo tralasciare una curatela e un allestimento discutibili delle mostre in questione, che assomigliano più a occasioni perse nel presentare a Roma due artisti così importanti dopo tempo, vogliamo concentrarci sull'effetto che ha l'investimento del settore della Difesa e di chi costruisce armi nella vita collettiva. Riflettere sul fatto che non è casuale che bambini e bambine, ragazze e ragazzi in gita con la scuola, visitino un luogo dove sono parcheggiati obici e carri armati, dove all'ingresso si è accolti da un enorme mosaico che rappresenta un soldato intento a lanciare una bomba a mano.
Dietro l'espressione cultura della difesa si vuole normalizzare la guerra nella nostra società. E le forze armate e le aziende di armamenti hanno le risorse per farlo, lavorando di concerto con le istituzioni. Sempre a Roma abbiamo assistito all'allestimento al Circo Massimo di Villaggio Difesa: un'iniziativa pensata proprio per avvicinare le forze armate alla gente, con bambini e bambine invitati a salire su caccia da guerra e carri armati.
La legittimazione della presenza della guerra nello spazio pubblico non è un fatto di oggi. Già nel 2018 Roberta Covelli faceva notare il massiccio investimento delle Forze Armate per entrare nelle scuole. Oggi questa tendenza sembra essersi acuita, perché la guerra è effettivamente entrata nel nostro orizzonte dal giorno in cui la Russia ha invaso l'Ucraina. Una guerra calda e vicina, che pesa sulle scelte di politica interna e sull'economia, una guerra che ha bisogno di penetrare nelle nostre vite come una possibilità non più tanto remota. E la cultura della difesa è il contrario di una cultura della pace, e le nostre istituzioni dovrebbero porsi il problema se patrocinare mostre pagate con i soldi dei missili sia giusto o meno.