Operazione Scarface, cade l’accusa di associazione mafiosa: torna libero Carmine ‘Porcellino’ Di Silvio

Carmine Di Silvio torna libero. Dopo la pena dimezzata in appello da venti a dieci anni di reclusione, l'uomo arrestato con l'accusa di essere tra i membri dell'omonimo gruppo criminale su base familiare ha lasciato il carcere. Dopo che la Cassazione ha fatto cadere il 416 bis, ossia il capo d'imputazione per associazione mafiosa, il processo è stato rimandato in appello. Di Silvio, fratello di Romolo, colui che è considerato dalla procura a capo del clan, è quindi tornato libero perché sono venute meno le esigenze cautelari.
"Il lavoro dei colleghi cassazionisti è stato significativo e la circostanza per la quale sia caduta la contestazione più grave dell'associazione mafiosa dopo che già in appello avevamo ridimensionato in modo significativo il quadro di accusa riscrive nei fatti quella che era la ricostruzione iniziale della vicenda – ha dichiarato a Fanpage.it Antonino Castorina, l'avvocato difensore di Carmine Di Silvio -. Il rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d'appello e la convocazione già a giugno della prima udienza è un altro importante step di una vicenda che dati alla mano è differente da come era stata prospettata".
Carmine Di Silvio era stato arrestato insieme ad altre trentatré persone nell'operazione Scarface dagli agenti della Polizia di Stato. Le accuse erano, a vario titolo, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco. In particolare Carmine Di Silvio, detto ‘Porcellino', era considerato il braccio destro di quello che i pubblici ministeri ritengono il capo del clan, ossia Romolo Di Silvio, già in carcere per l'omicidio Buonamano, avvenuto nel 2010. In primo grado la condanna per tutti era stata di 160 anni di carcere, dimezzata poi in appello.
Le indagini che hanno portato all'operazione Scarface sono partite nel 2019, in seguito a una serie di spedizioni punitive che hanno coinvolto alcuni commercianti di Latina. Secondo quanto emerso dalle indagini, il clan Di Silvio avrebbe voluto mettere le mani sugli incassi dei locali che si trovano nelle zone della movida, e per questo avrebbero minacciato i negozianti, al fine di estorcere denaro. La procura aveva contestato l'aggravante dell'associazione mafiosa, che poi la Cassazione ha fatto cadere.