Omicidio Vannini, mamma di Marco replica a difesa Ciontoli: “Dopo 5 anni dicono ancora bugie”
"È la prima volta che sento per intero la requisitoria della difesa dei Ciontoli. Mi ha fatto molto male. Quando sento che parlano di Marco dicendo che non urlava, se non con accenni all'ultimo momento, vorrei tanto dire loro ‘vorrei vedere se ti sparano e nell'immediatezza dei fatti se le urla ci stanno o no'. Sfido chiunque a essere sparato anche su un braccio e a non urlare". Così Marina Conte, la madre di Marco Vannini, dopo le dichiarazioni della difesa della famiglia Ciontoli sentite oggi in aula. "Dopo cinque anni ancora dicono che non urlava, che hanno fatto il possibile, che più di quello non potevano fare. Ma la cosa più vergognosa è che dicono che la parte civile vuole vendetta. Noi non abbiamo mai chiesto vendetta, abbiamo sempre chiesto verità e giustizia per Marco. Purtroppo la verità è quella processuale e non sarà storica, quindi quello che chiediamo è solo giustizia. Per due genitori vivere ogni giorno quest'angoscia è massacrante, io oggi non ce la faccio nemmeno a reggermi in piedi. Dentro quella casa è successo qualcosa di allucinante, ma voglio dire una cosa: l'avvocato Ciruzzi dice che Federico Ciontoli ha chiamato subito i soccorsi, ma perché a me non ha telefonato? Perché c'è un'altra verità".
Difesa Ciontoli: "Omicidio volontario per accontentare italiani"
Mercoledì il sostituto procuratore generale Vincenzo Saveriano ha fatto la sua requisitoria e ha ribadito la richiesta di 14 anni per Antonio Ciontoli per omicidio volontario e per il resto della famiglia per concorso in omicidio. Oggi, invece, è stato il turno della difesa. Per Andrea Miroli, uno dei legali della famiglia Ciontoli, il processo sarebbe stato eccessivamente mediatizzato. "È una sentenza già scritta per accontentare gli italiani, sa di vendetta", ha commentato. Secondo Miroli sarebbe "un abominio giuridico condannare tutta la famiglia per omicidio volontario". L'avvocato ha ribadito che "Antonio Ciontoli non avrebbe potuto sviare le indagini, sfuggire alla sua responsabilità. La prima cosa che ha fatto al pronto soccorso è ammettere la sua responsabilità. Se il suo fine egoistico era salvaguardare al suo posto e avendo già ammesso di aver sparato, la morte di Marco non poteva assolutamente servire".
Ha collaborato Simona Berterame