Omicidio Simonetta Cesaroni, riaperte indagini su via Poma: l’alibi che non regge più
Il caso del delitto di via Poma è stato riaperto a 32 anni di distanza dall'omicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto nella serata del 7 agosto 1990. C'è infatti un alibi che oggi non è più granitico come si pensava. Sarebbe quello dell'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, all'epoca presidente regionale dell'Associazione Alberghi per la Gioventù. Simonetta lavorava per uno studio commerciale di Roma, che a sua volta l'aveva inviata, per qualche pomeriggio alla settimana, a supervisionare i conti dell'ufficio dell'associazione in uno stabile di via Carlo Poma, una traversa di piazza Mazzini a Roma.
Perché è stato riaperto il caso di via Poma
Secondo quanto riporta La Repubblica, sarebbe stata una collaboratrice di Caracciolo a smentire l'alibi del suo ex datore di lavoro. Questa testimonianza sarebbe stata raccolta da Antonio Del Greco, che all'epoca coordinava le indagini. L'ex poliziotto ha raccontato tutto alla famiglia di Simonetta, che ha presentato a sua volta un esposto ufficiale in procura. Da questa denuncia è stato riaperto il fascicolo sull'omicidio della ragazza e ieri sono state affidate ufficialmente le deleghe investigative.
In più, ad aggravare la posizione di Caracciolo, ci sarebbe un vecchio rapporto redatto da un poliziotto: il giorno del delitto, ha raccontato l'agente, Caracciolo sarebbe rientrato in casa (che si trova a pochi metri dal palazzo via Poma teatro dell'omicidio) pressappoco all'ora in cui è stata uccisa Simonetta. Sarebbe entrato con un pacco "male avvolto" e sarebbe uscito con una grossa borsa.
L'alibi di Caracciolo scricchiola
L'avvocato Caracciolo ha sempre affermato di non aver mai conosciuto Simonetta Cesaroni. Quando ha saputo dell'omicidio, uno o due giorni dopo rispetto ai fatti, secondo lui, si trovava nella sua casa in campagna a Tarano, provincia di Rieti. Per arrivare in quel paesino da via Carlo Poma occorre calcolare (oggi, nel 2022) circa un'ora di macchina per poco più di 60 chilometri. Qualcuno l'ha cercato il 7 agosto del 1990, il giorno in cui Simonetta è stata uccisa? "No, me ne ricorderei", ha risposto Caracciolo in aula. Secondo il suo factotum, Mario Macinati, in realtà ci sarebbero state due telefonate. Macinati sarebbe andato immediatamente ad avvertire Caracciolo, ma quest'ultimo ha sempre negato la circostanza. Queste chiamate sarebbero state fatte alle ore 20.30 e alle 23, cioè poche ore dopo la morte della ragazza.
Dov'era Caracciolo nel pomeriggio del 7 agosto?
Ma dov'era Caracciolo nel pomeriggio del 7 agosto? Secondo gli esperti la morte di Simonetta, uccisa con 29 coltellate nell'ufficio dell'Aiag in via Poma, è avvenuta in un orario compreso tra le 14 e le 19, ma più probabilmente intorno alle 18/19. Alcuni, tuttavia, contestano il metodo di rilevazione di questo orario. A confermarlo in parte, però, ci sono alcune testimonianze e alcune prove scientifiche. Intorno alle 17,15, hanno dimostrato gli investigatori, Simonetta certamente lavorava al suo computer ed era quindi ancora in vita. L'omicidio è avvenuto, perciò, sicuramente dopo quell'orario. "Devo dire mi ricordo ben poco di quel pomeriggio, ma presi mia figlia e le accompagnai, lei e le amiche, fino all'aeroporto di Fiumicino", è stato il racconto di Caracciolo in aula, il suo alibi. La figlia, interrogata il 3 settembre del 1990, ha riferito che il padre è sceso dal suo studio alle 17.35 e ha accompagnato lei e le amiche a Fiumicino, dove è rimasto fino alle 19.30/20. Dall'aeroporto, ha raccontato Caracciolo, sarebbe andato direttamente a Terano.