Omicidio Mollicone: non sono di Cianfarani le impronte sul nastro usato per legare Serena
Non sono di Tonino Cianfarani le impronte trovare sul nastro con cui è stata legata Serena Mollicone. Le analisi del Ris hanno dimostrato l'incompatibilità delle tracce lasciate dall'assassino con quelle dell'uomo che nell'aprile 2012 uccise e murò in una cantina la 37enne Samanta Fava. A chiedere l'esame era stato il criminologo Carmelo Lavorino, del pool difensivo della famiglia Mottola, assolta dall'accusa di omicidio di Serena Mollicone.
La procura lo aveva disposto, come atto dovuto, al fine di chiarire ogni dubbio dopo le dichiarazioni rilasciate alla stampa da Lavorino. L'esito dell'esame dimostra chiaramente come non sia stato Cianfarani, deceduto nel 2018 per un malore, a uccidere Serena Mollicone.
Il processo per l'omicidio di Serena Mollicone, che vedeva imputata la famiglia Mottola, si è concluso con l'assoluzione di tutti gli imputati. Restano sconosciute le impronte digitali trovate sul nastro con cui è stata legata Serena, sulla tesina, e su un cassonetto dell'immondizia che si trovava vicino al corpo. Non corrispondono a nessun'altra impronta che si trova nel database delle forze dell'ordine. Ciò che è successo alla ragazza, trovata morta nel bosco a Fontecupa, rimane un mistero.
A chiedere che le indagini sull'omicidio di Serena Mollicone siano riaperte, è il pool difensivo della famiglia Mottola. "L'impronta digitale sul nastro è l'impronta dell'assassino", aveva dichiarato sempre il criminologo Lavorino. "L'omicida va trovato in un ambito diverso da quello della caserma e della famiglia – le parole dell'avvocato Francesco Germani – Così come riportato nella sentenza, vi sono gravi fondati indizi sulla partecipazione di terzi estranei".