Omicidio Mollicone, la difesa dei Mottola: “Non è morta per colpo alla porta, altezza non combacia”
"Serena Mollicone era alta 1,55. Il segno sulla porta della stazione dei carabinieri è ad una distanza da terra di 1,54. Non può essere stata a determinarne la morte". Lo ha dichiarato oggi in aula Carmelo Lavorino, consulente di difesa della famiglia Mottola, imputata nel processo per omicidio della 18enne Serena Mollicone, avvenuto nel 2001.
Il criminologo ha spiegato le ragioni della difesa nell'udienza del processo davanti la Corte d'Assise d'Appello di Roma. In aula erano presenti quattro dei cinque imputati: il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della caserma di Arce, il figlio Marco e i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale. Assente la moglie del maresciallo, Annamaria Mottola. Tutti sono stati assolti in primo grado.
"C'è una disparità evidente tra l'altezza di Serena e la frattura nella porta – ha dichiarato Lavorino – La dottoressa Cattaneo del Labanof di Milano dice che la frattura sulla porta è all'altezza di 1,54 da terra e che ciò coincide con l'altezza approssimativa di Serena che sarebbe stata sbattuta contro la porta. Noi diciamo che non è possibile, che non può essere vero che una ragazza come Serena alta 1.55, anche se spinta, possa aver procurato una frattura, rimanendo peraltro ferita sull'arcata sopraccigliare che è più in basso, nella porta a un'altezza di 1,54".
Secondo la difesa, inoltre, il brigadiere Santino Tuzi – morto suicida nel 2008 – non avrebbe mai visto Serena entrare nella caserma quel giorno. "l cuore pulsante della sentenza è la certezza che Tuzi abbia visto entrare in caserma Serena", ha dichiarato Lavorino, aggiungendo che "Serena non è mai entrata in caserma". "Perché "Tuzi tace per 7 anni?". E ancora: "Tuzi è in caserma quando Guglielmo Mollicone va a denunciare la scomparsa di Serena, verso le 22.30 del 1 giugno, perché non gli dice di aver visto Serena la mattina?".