Omicidio Mollicone, ecco come il maresciallo Mottola ha depistato indagini e evitato trasferimento
Il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione dei Carabinieri di Arce, ha rischiato di essere trasferito a causa delle indagini sulla morte di Serena Mollicone che, secondo la requisitoria della pubblico ministero Beatrice Siravo, sarebbe stata uccisa dal figlio del militare, Marco Mottola.
Il maresciallo sarebbe riuscito ad evitare il suo trasferimento soltanto anticipando i suoi superiori: la decisione di allontanarlo dalla caserma era nata proprio per la condotta tenuta nel corso delle indagini sulla morte di Mollicone, definite dalla pm "lacunose" "inconsistenti" a causa di una "incompatibilità ambientale", come riporta il Corriere della Sera. Sarebbero numerosi i depistaggi organizzati dal maresciallo nella vicenda tanto che la pm lo ha definito "una anomalia su scala mondiale di un assassino che indaga su se stesso con ampia mano per depistare le indagini."
La requisitoria
Venerdì scorso, nell'aula della corte d'Assise di Cassino, la pm Siravo ha spiegato come ad uccidere Serena Mollicone, all'interno della caserma di Arce, sarebbe stato Marco Mottola, descrivendo, però, anche il ruolo attivo dei suoi genitori nella vicenda. Secondo la procura, il maresciallo avrebbe contribuito a lasciare morire la ragazza e, insieme alla moglie Anna Maria, avrebbe trasportato nel bosco il corpo della ragazza.
La necessità dell'alibi
Le indagini, come anticipato, risultano lacunose a causa dei numerosi depistaggi e interventi da parte del maresciallo. Per prima cosa, secondo la procura, dopo aver sbattuto la testa di Serena contro la porta in caserma, il maresciallo ha fatto uscire il figlio di casa per fare in modo che potessero vederlo, procurandogli un alibi. Il padre, invece, sarebbe tornato in caserma, uscendo subito dopo per un ordine che, però, ricco di incongruenze e imprecisioni, risulta essere falso.
I depistaggi da parte del maresciallo
In seguito il maresciallo ha raccolto le testimonianze della barista Simonetta Bianchi e del carrozziere Carmine Belli (che in seguito è stato processato e assolto per il delitto): entrambi sostenevano di aver visto Serena Mollicone in automobile con Marco Mottola la mattina dell'omicidio eppure queste dichiarazioni sono state aggiunte agli atti soltanto 25 giorni dopo. Non soltanto: nelle dichiarazioni, il maresciallo Mottola ha fatto diramare una segnalazione per cercare un'automobile Lancia Y rossa, anziché bianca come quella di suo figlio.
Le "coperture" per i comportamenti del figlio
Anche la scelta di lasciare il corpo della giovane nel bosco di Atrinella è stata fatta per allontanare i sospetti dal figlio: così molte altre incongruenze sono state citate nella requisitoria, anche se non tutte sono state dimostrate, a partire dal ritrovamento del telefono di Serena dopo giorni a casa del padre con annessi interventi sul registro chiamate, i numeri in rubrica e le note.
Secondo l'informativa dei carabinieri, però, il maresciallo avrebbe più volte adottato questo comportamento per insabbiare la condotta del figlio, con quello che i militari del nucleo investigativo definiscono "un crescendo di coperture": una volta, durante un episodio non collegato al delitto Mollicone, non avrebbe registrato la segnalazione per droga del figlio, trovato in possesso di hashish (che consumava regolarmente) da uno dei suoi sottoposti.
L'arrivo del comando provinciale
Nascondendo l'avvistamento della ragazza in automobile con suo figlio, inoltre, il maresciallo è riuscito ad assicurare le indagini alla caserma di Arce, dove lavorava lui, anche se sarebbero spettate in realtà a quella di Isola dei Liri, un altro comune in provincia di Frosinone che si trova una quindicina di chilometri più a nord fino a quando non è stato richiesto l'intervento del comando provinciale. È in quel momento che emerge il probabile coinvolgimento del comandate della stazione di Arce. Come letto in aula dalla pm, i militari hanno giudicato il suo apporto informativo alle indagini come"inconsistente", gli accertamenti "lacunosi" con una "ammissione di superficialità" a riguardo.
"Mottola sapeva che il figlio frequentava pusher e consumava droga e questo fa sussistere una incompatibilità ambientale che rende necessari provvedimenti disciplinari", hanno scritto, dichiarandolo colpevole di questi "errori". Ma secondo la pm il maresciallo Mottola sarebbe stato informato della decisione di trasferirlo, anticipando i colleghi: è stato lo stesso Mottola, prima dell'arrivo del provvedimento, a chiedere di essere trasferito.