Omicidio Marco Vannini, l’ex fidanzata Martina Ciontoli esce dal carcere per andare a lavorare
Martina Ciontoli, l'ex fidanzata di Marco Vannini, è uscita dal carcere. Vista la sua buona condotta il magistrato di sorveglianza, confrontandosi con il carcere di Rebibbia dov'è detenuta la trentenne, le ha accordato di andare a lavorare all'esterno in un bar in zona Casal del Marmo a Roma, durante i giorni feriali, per poi far ritorno in cella di sera. Martina Ciontoli è ristretta nella casa circondariale, come gli altri membri della sua famiglia, perché coinvolta nell'omicidio di Marco Vannini, ucciso con un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 nella villa della famiglia della fidanzata in via Alcide De Gasperi a Ladispoli, sul litorale Nord della provincia di Roma.
Martina Ciontoli lavora nel bar di una scuola
Martina Ciontoli è uscita dal carcere per andare a lavorare, perché ha scontato un terzo della pena alla quale è stata condannata, di nove anni e quattro mesi in concorso. Resterà comunque in un ambito "protetto", lavorando nel bar interno alla Scuola superiore per l’Educazione penale "Piersanti Mattarella" gestita dal ministero della Giustizia, una scuola di alta formazione per dirigenti e dipendenti dell’amministrazione giudiziaria. Ad impegnarla sarebbe un turno di sette ore dal lunedì al venerdì, come riporta Il Messaggero, probabilmente dalle 7,30 alle 14,30. Martina Ciontoli in carcere ha studiato e si è laureata in Scienze Infermieristiche con 110 e lode.
Condanne della famiglia Ciontoli e motivazione della sentenza
La famiglia Ciontoli è stata condannata in via definitiva nel 2021, ritenuta responsabile della morte di Marco Vannini. A premere accidentalmente il grilletto sulla pistola che ha ferito mortalmente il ventenne di Cerveteri dieci anni fa è stato il capofamiglia, Antonio Ciontoli, condannato in Cassazione a quattordici anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale. Gli altri membri della famiglia, sua moglie Maria Pezzillo e i due figli Martina e Federico, sono stati invece condannati a nove anni e quattro mesi in concorso.
Per i giudici Marco Vannini si sarebbe potuto salvare se la famiglia Vannini avesse agito diversamente dopo il suo ferimento: se avesse chiamato subito i soccorsi, dicendo chiaramente che il ragazzo era stato attinto da un colpo d'arma da fuoco. Invece mentendo si è innescata una spirale di bugie, che ha tardato l'arrivo dei sanitari e le cure necessarie, fino a portarlo alla morte. La Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza, che ha chiuso la vicenda giudiziaria ha scritto che "la condotta di Antonio Ciontoli fu non solo assolutamente anti doverosa, ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto”.