Omicidio Marco Vannini, il caso è chiuso: cosa resta di una vicenda che ha colpito l’Italia
Sui gradini della Corte di Cassazione ieri pomeriggio è stata messa la parola fine a una delle vicende giudiziarie più controverse e seguite negli ultimi anni: l'omicidio di Marco Vannini. Tutta la famiglia Ciontoli da ieri sera si trova in carcere, dopo la conferma delle condanne della sentenza di appello bis del 30 settembre scorso. 14 anni di reclusione per omicidio volontario ad Antonio Ciontoli e 9 anni e 4 mesi alla moglie Maria e ai figli Federico e Martina per concorso in omicidio volontario attenuato "dal minimo ruolo e rapporto causale". La sentenza è stata accolta da un lungo applauso da parte dei sostenitori della famiglia Vannini, che attendevano il verdetto all'esterno del Palazzaccio. "Giustizia è stata fatta, ora Marco riposa in pace" sono le prime parole pronunciate dalla mamma Marina dopo la conferma delle condanne. Finalmente lei e il marito Valerio potranno portare al cimitero quel mazzo di fiori che avevano promesso al figlio "una volta che fosse arrivata la giustizia".
Ma ora che è calato il sipario cosa resta di questa tragica storia?
Restano certamente la urla disperate di Marco, in sottofondo di quella telefonata al 118 diventata inconfondibile e conosciuta da tutti. Restano le urla di una mamma che per sei anni ha combattuto come una leonessa dentro e fuori le aule dei tribunali. Restano il teatro di Ladispoli intitolato a Marco, la panchina a Manziana, un libro scritto da Mauro Valentini insieme a Marina Conte e le tante manifestazioni organizzate dai sostenitori della famiglia Vannini riuniti in un gruppo Facebook che conta oggi quasi 80mila membri.
Un'associazione dedicata a Marco
"Non finirà qua, io continuerò a portare in alto il nome di mio figlio, magari aprendo un'associazione per poter aiutare i giovani" ha affermato ieri con forza mamma Marina circondata dai cronisti. E potrebbe essere proprio questa l'eredità lasciata da questo lungo processo giudiziario che ha fatto conoscere all'Italia una tragedia che ha segnato tutti per la maniera in cui si è consumata. "Questa è una storia che non ha vincitori, è una storia di vinti" ha ripetuto più volte l'avvocato della famiglia Vannini, Celestino Gnazi, per sottolineare ancora una volta il desiderio dei suoi assistiti era quello di avere giustizia e non vendetta. Un'intera famiglia in carcere è un evento raro e sicuramente non si può gioire di questo, anche perché il dolore dei genitori di Marco non si affievolirà con quattro ingressi in galera. Forse la fine della battaglia giudiziaria gli permetterà di elaborare davvero il lutto e avere un po' di pace.