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Il piccolo Gabriel Feroleto soffocato dalla mamma

Omicidio Gabriel Feroleto, soffocato dalla mamma: Donatella Di Bona condannata a 30 anni

Donatella Di Bona, la donna che il 17 aprile 2019 ha soffocato e ucciso il figlio di due anni e mezzo, Gabriel Feroleto, è stata condannata a 30 anni di carcere. Giudicata capace di intendere e di volere pur se affetta da una limitazione cognitiva, aveva chiesto di essere giudicata con il rito abbreviato.
A cura di Natascia Grbic
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È stata condannata a 30 anni di reclusione Donatella Di Bona, la donna che il 17 aprile 2019 ha soffocato e ucciso il figlio di appena due anni e mezzo, Gabriel Feroleto. La sentenza è stata emessa dal giudice per l'udienza preliminare dell'ospedale di Cassino con il rito abbreviato. Il gup ha accolto quanto avanzato dal pubblico ministero, che aveva chiesto per lei il massimo della pena. Sarà emessa invece il 20 novembre la sentenza per il padre del piccolo Gabriel, Nicola Feroleto, anche lui arrestato subito dopo l'omicidio: secondo l'accusa, era insieme all'ex compagna e l'ha guardata uccidere il figlio, che avrebbe disturbato un rapporto sessuale tra i due. Lui ha sempre negato ogni coinvolgimento, ma Di Bona lo ha collocato da subito sulla scena del delitto. "Puntava i piedini per liberarsi, il padre lo ha gettato tra i rovi", ha dichiarato la donna in aula.

L'omicidio di Gabriel Feroleto

Gabriel Feroleto, due anni e mezzo, è stato ucciso dalla madre il 17 aprile 2019. Secondo quanto dichiarato dalla donna, lei e il padre non sopportavano più di sentirlo piangere. "Lui (Nicola ndr) voleva avere un rapporto sessuale ma io non potevo perché indisposta – ha spiegato la donna in aula – Si è arrabbiato quando Gabriel ha iniziato a piangere. Quando lo uccidevo è rimasto a guardare e poi mi ha detto che dovevo prendermi la colpa io altrimenti mi avrebbe ucciso". Di Bona, che è stata giudicata capace di intendere e di volere, ha raccontato di aver ucciso il figlio soffocandolo prima con le mani, poi con un calzino. Il piccolo ha provato a difendersi, ma un bambino di due anni e mezzo non può nulla contro un adulto più grande di lui. Dopo l'omicidio, il padre si sarebbe allontanato, chiedendo poi alla compagna di fornirgli un alibi, mentre la madre lo ha preso in braccio ed è corsa in paese, dicendo che un pirata della strada aveva investito il figlio.

Il falso alibi del padre

Sul posto sono giunti i carabinieri, che da subito hanno notato delle incongruenze sul racconto della donna. Ascoltata dagli inquirenti, è stata arrestata dopo aver confessato l'omicidio. Fermato in tempi record anche il padre, accusato di aver guardato Di Bona uccidere il figlio senza fare nulla per impedirlo. A far crollare il suo alibi è stata proprio quella che era l'attuale compagna. "Mi sembrava diverso di carattere, poi ha detto: ‘Ho conosciuto una ragazza, ma non l'ho conosciuta io, è lei che è venuta da me. Lei è rimasta incinta e me l'ha detto‘. Quel giorno lui era qua, ma solo dalle 15 e 30 in poi. Non alle 14 come ha detto lui. La prima volta l'ho chiamato, era mezzogiorno e un quarto e lui mi ha detto che stava a Cassino. L'ho richiamato e non mi ha risposto. Poi l'ho richiamato di nuovo e mi ha risposto e ha detto che stava venendo. Nicola è arrivato alle 15 e 30 e ha subito mangiato, senza dire una parola. Lui mi ha chiesto di confermare il suo alibi, ma io non l'ho fatto, ho detto la verità. Per lui provo odio, gli direi: ‘Mi fai schifo'".

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Donatella Di Bona soffriva di depressione

Secondo quanto appreso da Fanpage.it nei giorni successivi all'omicidio, nel piccolo comune di Piedimonte San Germano tutti sapevano che Donatella Di Bona soffriva di depressione, ma nessuno aveva mai fatto nulla per aiutarla. Una condizione nota quella della donna in paese, sin da quando aveva partorito. "Nessuno ci aveva mai detto nulla, altrimenti saremo intervenuti", dichiarò il sindaco Gioacchino Fernandi. L'omicidio del piccolo Gabriel ha scoperchiato però un vaso di pandora: quello dell'indifferenza alle situazioni di disagio vissute da altri che invece di essere ignorate andrebbero affrontate. "Le istituzioni siamo tutti noi civili cittadini, madri, padri, figli, nonni che abbiamo la fortuna di condurre una vita normale e dignitosa – le parole del sindaco al funerale del bimbo – Siamo noi che abbiamo il dovere di tendere la mano a chi sta vivendo un momento difficile e non ce la fa. Il sorriso di Gabriel, ogni volta che sentiva le sirene dei Vigili del Fuoco, ci dà una lezione d'amore bellissima, ancora più bella se si pensa che a darla è lui. Non gli potremo mai chiedere scusa abbastanza per essere stati presi da altro, ma possiamo farci una promessa, quella di custodire con amore il suo ricordo e di non essere mai più indifferenti o distratti".

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