Omicidio Diabolik: Calderon condannato all’ergastolo, non riconosciuta aggravante del metodo mafioso

Raul Esteban Calderon, l'uomo accusato di essere il killer di Fabrizio Piscitelli, è stato condannato all'ergastolo. Secondo i giudici che hanno emesso la sentenza, è lui l'uomo che il 7 agosto 2019 ha premuto il grilletto uccidendo l'ex leader degli Irriducibili, mentre era seduto su una panchina al parco degli Acquedotti. Calderon, arrestato nel 2021, due anni dopo l'omicidio, ha sempre ribadito la sua estraneità ai fatti. Contro di lui però pesano come macigni la testimonianza dell'ex compagna, oltre a un video che ha ripreso la scena dell'uccisione di Piscitelli.
Per gli inquirenti non ci sono dubbi: quell'uomo vestito da runner, che fa finta di fare jogging al parco degli Acquedotti, è proprio Calderon. La sentenza arriva dopo oltre cinque ore di camera di consiglio, i giudici non hanno riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso, come chiesto dai pm Mario Palazzi, Rita Ceraso e Francesco Cascini. Calderon ha seguito la lettura del dispositivo in videocollegamento dal carcere di Larino, mentre nell'aula bunker di Rebibbia c'erano madre, sorella e il fratello di Piscitelli, costituiti parti civili nel processo e la vedova e le figlie di Piscitelli, che non si sono costituite.
Il sicario di Molisso e Bennato
Calderon, già condannato all'ergastolo per l'omicidio di Selavdi Shehaj a Torvaianica, è considerato uno dei sicari di fiducia dell'organizzazione criminale capeggiata da Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, i signori della droga pupilli di Michele Senese. Al momento non ci sono prove che siano stati proprio Molisso e Bennato i mandanti dell'omicidio di Fabrizio Piscitelli: eppure che tra loro ci fossero attriti legati al controllo dello spaccio a Roma è risaputo. Così come è noto il fatto che Diabolik avrebbe alzato un po' troppo la testa, cosa che a Senese, ex mentore di Piscitelli, non è mai andata giù. E i loro nomi, infatti, compaiono costantemente nelle carte delle indagini intorno alla morte di Diabolik.
Piscitelli ucciso in pieno giorno
L'omicidio di Diabolik è avvenuto nelle stesse modalità di quello di Selavdi Shehaj. Anche in quel caso, l'uomo è stato freddato da un killer che correva sulla spiaggia e che poi è fuggito, facendo perdere le sue tracce. Entrambi gli omicidi sono avvenuti in pieno giorno, in mezzo ad altre persone. Fabrizio Piscitelli era seduto su una panchina insieme alla sua guardia del corpo, fuggita subito dopo. "In quel momento era presente tantissima gente, impegnata nelle attività più disparate – ha detto il pubblico ministero nella sua requisitoria – Quando giunge un killer che mostra grande freddezza e professionalità, arriva alle spalle, un solo colpo che coglie la vittima di sorpresa".
I giudici non hanno riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso
I giudici non hanno riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso, come chiesto dai pm Mario Palazzi, Rita Ceraso e Francesco Cascini. Per il pubblico ministero l'omicidio di Piscitelli doveva fungere da monito, una sanzione per chi credeva di poter fare come voleva in quel grande mercato della droga che è Roma. "È stato compiuto con metodo mafioso e con l'agevolazione di un gruppo criminale, nato dai contrasti tra associazioni organizzate". Un omicidio, la cui funziona è un "avviso ai naviganti perché Roma apparentemente così anarchica è invece un luogo di sanzioni, anche eclatanti, comminate anche in piazza, affinché si capisca chi comanda.
Una ‘sanzione' che doveva essere compresa da tutti. Un delitto che costituisce uno spartiacque tra il prima e il dopo. Piscitelli era un leader carismatico, battezzato dai Senese, il cui solo nome mette paura. E Senese è un ‘marchio registrato' che se speso in modo non invano realizza una docile sottomissione degli astanti. Ma Piscitelli non era docile, si atteggiava lui stesso come un capo. Piscitelli era tante cose, ha avuto una vita criminale accertata, trattava anche da mammasantissima la pace tra due consorterie mafiose".