Omicidio di via Poma: c’è il nome di una donna che potrebbe conoscere il killer di Simonetta Cesaroni
Ci potrebbe essere una testimone del delitto di via Poma. Una donna che, il giorno dell'omicidio di Simonetta Cesaroni, ha firmato l'ingresso ma non l'uscita dagli uffici della palazzina dove la giovane di vent'anni fu uccisa da una persona ancora ignota. A riportarlo è il settimanale Giallo, in un'esclusiva pubblicata oggi. Dall'analisi dei fogli firma spariti trentaquattro anni fa – e che molto avrebbero aiutato gli inquirenti all'epoca – e trovati solo di recente, è spuntato un nome. Si tratta di una donna che all'epoca affermò di non essere andata in ufficio. Quei fogli però sembrerebbero raccontare un'altra storia: forse quella donna sa qualcosa che potrebbe aiutare gli inquirenti a risolvere un cold case che va avanti da trentaquattro anni.
All'epoca molte persone affermarono di non conoscere Simonetta Cesaroni. La ragazza era stata appena uccisa e in tanti pensavano solamente a rimanere fuori dalle indagini: gli inquirenti si scontrarono quindi con un muro di gomma che di certo non ha facilitato le indagini. Complici poi una serie di errori – l'aver notato delle tracce ematiche nell'ascensore del palazzo solo dopo giorni, non aver ascoltato tutte le persone presenti nel palazzo – l'autore del delitto non è stato mai individuato. Le indagini continuano, ma certamente a distanza di così tanti anni è complicato trovare una risposta a quel delitto. Il 19 novembre si deciderà sulla richiesta per l'archiviazione.
Sono tre le persone negli anni indagate per l'omicidio di Simonetta Cesaroni: il portiere dello stabile, Pietro Vanacore, che si suiciderà vent'anni dopo, schiacciato dal peso dei sospetti e delle illazioni. Federico Valle, nipote dell'architetto che aveva progettato lo stabile. E Raniero Busco, quello che all'epoca era il fidanzato della ragazzo. Tutti sono stati assolti. Non è mai stato noto il movente dell'omicidio, né l'arma del delitto.