Omicidio Cerciello, Finnegan Elder prima del processo in Cassazione: “Ho commesso un grave errore”
Attesa per il 17 gennaio prossimo il processo in Cassazione per Finnegan Elder, condannato a 24 anni di carcere per l'omicidio di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere ucciso a Roma nella notte del 26 luglio del 2019, mentre era in servizio.
Per i suoi avvocati, Renato Borzone e Roberto Capra, la Cassazione è una tappa decisiva per l’accertamento della verità dei fatti: "La sentenza di secondo grado, sconfessando il processo di primo grado, ha riconosciuto che i carabinieri non si sono identificati mostrando il tesserino e quindi i due ragazzi americani non potevano sapere che avevano di fronte due appartenenti alle forze dell’ordine, e questo cambia tutto – hanno dichiarato i legali di Finnegan Elder – Il giudice d’appello, a differenza di quello di primo grado, ha ritenuto che il carabiniere Varriale non abbia detto il vero e che i carabinieri non abbiano mostrato affatto il loro tesserino. Ma, inspiegabilmente, non ne ha tratto le corrette conseguenze".
Il ragazzo, che si trova in carcere ormai da tre anni, ha dichiarato: "So di aver fatto un grave errore e non c’è giorno che io non pensi a quello che è successo, ma spero che almeno venga finalmente riscritta la vera storia di quello che è accaduto quella sera. È stato scritto dalla seconda sentenza che non furono mostrati i tesserini, non avevo compreso di trovarmi di fronte a degli agenti, questo ha condizionato la mia reazione".
Le dichiarazioni di Elder
Questa non è l'unica dichiarazione di Elder riguardo a quanto commesso in quella tragica notte: più di una volta il ragazzo ha ribadito il dolore che prova ripensando a ciò che ha fatto. Lo ha ribadito anche in una lettera scritta di suo pugno lo scorso marzo. "Due anni fa, quando è successo il tragico fatto, avevo poco più di diciannove anni, avevo appena superato la maggiore età – aveva esordito nelle sue dichiarazioni spontanee – La colluttazione c’è stata e io l’ho colpito. Vorrei davvero poter tornare indietro a quella notte e cambiare il corso delle cose per poter attenuare almeno un po’ le sofferenze di tutti."
L'omicidio di Mario Cerciello Rega
Il vicebrigadiere Cerciello Rega è morto mentre si trovava in servizio. Con il suo collega, Andrea Varriale, sono intervenuti nel quartiere di Prati per sventare un cosiddetto "cavallo di ritorno", una tipologia di furto con ricatto da parte di due ragazzi americani, Finnegan Elder e Christian Natale Hjorth. I due volevano comprare della droga, ma avrebbero ricevuto soltanto della polvere bianca: per questa ragione avrebbero rubato lo zaino a Sergio Brugiatelli, presunto spacciatore e informatore dei carabinieri: per riaverlo indietro si sarebbe dovuto presentare a Prati, consegnando un grammo di cocaina e 100 euro in contanti.
Al suo posto, invece, li hanno raggiunti i due carabinieri. Fra i quattro è nata una colluttazione: Natale con Varriale e Cerciello con Elder. Proprio quest'ultimo avrebbe estratto un pugnale da marine e si è scagliato su Cerciello, colpendolo con 11 fendenti fino a quando non è morto dissanguato. Secondo quanto hanno sempre sostenuto i ragazzi, però, i due militari non si sono mai qualificati come carabinieri e i due giovani non hanno capito, se non dopo il tragico epilogo, di trovarsi di fronte alle forze dell'ordine. Diversamente, invece, è quanto sostenuto da Varriale, collega di Cerciello: "Scopriamo che Varriale non è affidabile neanche sulla esibizione dei tesserini – hanno dichiarato nel corso del giugno scorso gli avvocati di Elder – Il giudice d’appello, infatti, riconosce, per la prima volta, che i ragazzi furono afferrati da Cerciello e Varriale e che non c’è nessuna prova che i due carabinieri abbiano avuto il tempo di identificarsi".