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Morte del carabiniere Mario Cerciello Rega a Roma

Omicidio Cerciello, Elder al processo: “Avere il coltello mi fa sentire meno solo e al sicuro”

Finnegan Lee Elder, il ragazzo che ha ucciso il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ha rilasciato dichiarazioni spontanee in aula durante il processo di oggi. Prima Elder ha parlato dei suoi problemi mentali, poi ha parlato dell’aggressione al militare, dicendo di nuovo di non aver capito di trovarsi di fronte un membro delle forze dell’ordine.
A cura di Natascia Grbic
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Finnegan Lee Elder, il ragazzo di 21 anni che ha ucciso con undici coltellate il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ha rilasciato dichiarazioni spontanee nell'ambito del processo che si è tenuto oggi. "Non sono nella condizione fisica né psicologica per poter parlare con voi a lungo. Il pensiero e il dolore per ciò che è accaduto sono devastanti. Ho detto la mia storia appena arrestato ancor prima di parlare con il mio avvocato. Ho pensato fosse meglio avere le mie dichiarazioni disponibili. Ho sempre detto la verità. Vorrei che ascoltaste ciò che è successo dalla mia prospettiva". Queste le parole con cui Elder ha iniziato il suo discorso, riportate da Il Corriere della Sera.

Finnegan Lee Elder
Finnegan Lee Elder

"Ho il pensiero costante, provo ansia, depressione e sconforto", ha continuato. Elder ha spiegato che prima di arrivare in Europa era affetto da una forte depressione che non lo faceva alzare nemmeno dal letto. Il viaggio è nato perché voleva cambiare la sua vita altrimenti, ha dichiarato, "se non avessi fatto nulla mi sarei ucciso. All’epoca mi sentivo sovrastato dai miei problemi psichiatrici. In Germania mi sentivo ancora solo e depresso ma non voglio parlarne perché mi sentivo fallito". Poi, Elder è passato a raccontare l'aggressione a Cerciello. "Mentre stavamo lasciando la stanza ho messo il coltello nella tasca della mia felpa. Fu una mia decisione ma non so se Gabe mi vide portarlo". Riguardo la decisione di portare il coltello con sé, Elder ha dichiarato che lo faceva sentire "meno solo" e che lo "rassicurava". "Non pensavo di volerlo usare ma avevo quel sentimento di paura e mi aiutava. In più ero in un paese con cui non avevo familiarità la cui lingua non capivo. Si possono trovare molti argomenti contro di me ma non avevo alcuna intenzione aggressiva, quella del coltello era una mia cautela dettata da un sentimento di apprensione. Non avevo idea di che tipo di persone fossero Sergio e i suoi amici, per me erano spacciatori criminali e dunque potenzialmente pericolosi".

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Elder arriva poi a raccontare l'incontro con Cerciello e Varriale. Il 21enne ha dichiarato di aver visto arrivare delle persone che "sembravano losche", e che dopo aver attraversato velocemente la strada in diagonale lo avrebbero aggredito senza qualificarsi. "L’uomo più grande era una montagna e mi ha gettato a terra. Più o meno all’intersezione fra via Cesi e via Cossa. Provavo un sentimento di shock e terrore, sentivo le sue mani sul mio petto e poi sul mio collo, come se stesse cercando di soffocarmi o strangolarmi. A questo punto ho provato panico e pensai volesse uccidermi. Lo colpii". Come già detto da Elder altre volte, anche in questo caso il ragazzo ha sostenuto che Cerciello e Varriale non si fossero qualificati. E che, pure se lo avessero fatto, non avrebbe mai capito cosa significasse in italiano la parola ‘carabiniere'. "Quando sono tornato in hotel avevo ancora l’impressione di essere stato attaccato da un malvivente. Solo in caserma mi hanno detto che avevo ucciso un uomo delle forze dell’ordine ma negli Usa i poliziotti si identificano e tirano fuori le loro armi se qualcuno rifiuta di identificarsi. Onestamente non pensavo di averlo ucciso. Non potevo capire cosa era successo".

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