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40 anni fa l’attentato alla Sinagoga di Roma. Dureghello: “Vogliamo verità, cada velo di omerità”

Sono passati 40 anni dall’attentato palestinese che colpì al cuore la Comunità ebraica di Roma, con l’assassinio del piccolo Stefano di 2 anni e 37 feriti. Alla celebrazione prevista alla Sinagoga di Roma anche il capo dello stato Mattarella: “Grazie presidente con lei non ci sentiamo più soli”.
A cura di Redazione Roma
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Sono passati 40 anni dall'attentato alla Sinagoga di Roma, organizzato ed eseguito da un commando di cinque militanti palestinesi. Il gruppo di terroristi lanciò tre bombe a mano all'uscita del Tempio e poi aprì il fuoco con i mitra. A perdere la vita un bambino di due anni, Stefano Gaj Taché, mentre trentasette persone rimasero ferito. Il 9 ottobre del 1982 era sabato e il luogo di culto era affollato non solo per le celebrazioni dello Shabbat, ma anche perché si compiva bar mitzvah di molti ragazzi della comunità romana e si chiudeva la festa di Sukkot. A mezzogiorno in sinagoga si trovavano circa 300 persone.

Oggi alla cerimonia di commemorazione al Tempio Maggiore hanno preso parte anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il governatore Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Il capo dello Stato è stato accolto da un lungo applauso al suo arrivo.

"Grazie Mattarella, con lei non ci sentiamo più soli"

Ospite d'onore Sergio Mattarella, a cui la presidente della Comunità ebraica di Roma si è rivolta direttamente nel corso del suo intervento: "La sua presenza qui oggi, Presidente Mattarella, rappresenta un ulteriore tassello di vicinanza e amicizia, ma soprattutto la rivendicazione di quel messaggio che sin dal giorno del suo insediamento ha voluto far suo. Noi siamo italiani, orgogliosamente e anche se qualcuno in passato non ci ha considerato tali, noi continueremo con questo spirito a vivere a contribuire per il bene di questo Paese. Grazie Presidente. Se per tanto tempo ci siamo sentiti soli, la sua presenza qui oggi invece ci fa comprendere che non lo siamo più e di questo gliene siamo grati".

L'attentato del 1982 e la richiesta di verità

L'attentato del 1982 fu attribuito al Consiglio rivoluzionario di al-Fath, guidato da Abu Nidal responsabile di attacchi contro le comunità ebraiche di diversi paesi europei, ma i responsabili non furono mai assicurati alla giustizia. Dei cinque membri del commando ne fu individuato solo uno, Osama Abdel Al Zomar, arrestato al confine tra Grecia e Turchia mentre trasportava esplosivi, scontò una pena in un carcere ellenico senza mai venire estradato in Italia. Gli altri membri del gruppo non vennero mai identificati.

Nel 2020, il procuratore della Repubblica di Roma Michele Prestipino ha disposto la riapertura dell'indagine sull'attentato alla Sinagoga, con l'obiettivo di stabilire chi fossero i complici di Al Zomar, ma anche di restituire una verità storica ai fatti. La Comunità ebraica di Roma ha sempre sostenuto che le istituzioni non fecero "mai abbastanza". Un'idea che la presidente Ruth Dureghello è tornata a ribadire solo pochi giorni fa all'inaugurazione della mostra a quarant'anni dall'attentato e sui cui è tornata oggi: "Da quel giorno di quaranta anni fa sono tante le cose successe. Se però siamo ancora qui è perché oltre al dolore che è ancora vivo, auspichiamo che finalmente possa esserci verità storica e processuale. Non per vendetta, ma per giustizia". Dureghello ha poi chiesto che cada il velo di "ipocrisia e omertà".

Perché non furono ascoltate le informative dei servizi?

In questi anni si è spesso parlato di un accordo segreto tra l'Olp e lo Stato italiano di cui parlò prima di morire anche l'ex presidente Francesco Cossiga: in cambio della possibilità di trasportare lungo la penisola esplosivi ed armi, i palestinesi si impegnavano a non attaccare obiettivi in Italia. Secondo alcuni documenti desecretati il Sisde aveva allertato della possibilità di attentati contro obiettivi ebraici e israeliani, in particolare modo a Roma.

"L'attentato fu un evento drammatico, che arrivò al culmine di una campagna di diffamazione e ostilità che si era aperta già da mesi e per cui la Comunità ebraica si sentì tradita dalle istituzioni perché non ci fu compassione. Fu una ferita che non si è ancora rimarginata, perché manca ancora la verità", così Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità di Roma.

Giorgia Meloni: "Giorno atroce e indelebile per tutta l'Italia"

Sull'anniversario dell'attentato è intervenuta anche la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni con una nota. "Ricorrono oggi i quaranta anni dall'attentato compiuto da un commando palestinese contro la Sinagoga di Roma durante la celebrazione religiosa di Shemini Atzeret. – si legge – In quel giorno, così atroce e indelebile per l'Italia intera, perse la vita Stefano Gaj Tachè e rimasero ferite quaranta persone. Un dolore che ci portiamo dentro perché Stefano, un bambino di soli due anni, poteva essere nipote, figlio o fratello di ognuno di noi. Il nostro impegno a non dimenticare ma anche a cercare la verità".

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