“Noi genitori di figli con doppia diagnosi siamo abbandonati, il carcere non è la soluzione”
"Mio figlio era in una pozza di sangue, ha provato ad uccidersi mangiando dei vetri". Loretta Rossi Stuart è la mamma di Giacomo Seydou Sy, un giovane tossicodipendente con problemi psichiatrici detenuto in carcere da più di un anno. Questo nonostante la Corte di Strasburgo abbia già intimato all’Italia di spostarlo in una struttura adatta e alternativa al carcere nel 2020. All'epoca Giacomo era dietro le sbarre per la prima volta nonostante il suo quadro clinico. A tre anni di distanza la storia si ripete: il ragazzo stava intraprendendo un percorso all'interno di una Rems ma è riuscito a fuggire. "Dopo la fuga ha ricominciato a drogarsi ed ha commesso un altro reato – racconta rassegnata Loretta – quando lo hanno preso pensavo che l'avrebbero riportato nella struttura invece è finito di nuovo in carcere".
I figli con doppia diagnosi
Ma quello di Giacomo non è un caso isolato. Per questo Loretta ha fondato il "Movimento Mamme Doppiamente Disperate" (Famiglie in rete), un gruppo di contatto e di collaborazione tra familiari di persone con problemi di dipendenza e disturbi di personalità. "Siamo tanti sparsi per tutta Italia- ci spiega Loretta – abbiamo storie diverse ma ci accomuna lo stesso senso di abbandono nei confronti delle istituzioni". Anche Paolo per anni ha dovuto combattere per salvare il figlio Jacopo da se stesso. Un primo arresto per spaccio e l'ingresso in una casa famiglia. Ma lì le cose non sono andate come Paolo sperava. "Ha subito atti di bullismo – ci racconta – e come se non bastasse ha continuato a fare uso di sostanze perché dentro la struttura entrava di tutto".
Le Rems nel Lazio
Le Rems (Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza) hanno sostituito gli Opg (Ospedali psichiatrici giudiziari) aboliti nel 2013 e chiusi definitivamente il 31 marzo 2015. Nel Lazio ci sono 6 Rems. "Dovrebbero essere destinate alle persone con una misura di sicurezza definitiva – spiega la Garante per i detenuti di Roma Valentina Calderone – ma nella realtà molti posti sono destinati a persone con misure di sicurezza provvisoria. Questo provoca lunghe liste d'attesa e capita purtroppo che ci siano persone detenute per mesi in carcere in attesa di un posto libero".