Nel crollo del convento di Amatrice sono morte 7 donne: “Sei anni dopo ci sarà un processo”
Anna Maria, Matilde, Giuseppina e Maria sono morte la notte del 24 agosto 2016 sotto le macerie dell'ex convento allora sede dell'Istituto femminile Opera Pia ‘Padre Giovanni Minozzi' di Amatrice. Quattro signore che amavano trascorrere l'estate tra le montagne del reatino, e sono tra le 299 vittime del sisma. Ora dove sorgeva l'antica struttura religiosa ci sono solo macerie e nastri rossi per delimitare l'area. "Il terremoto non uccide, uccide l'incuria, la cattiva manutenzione", sospira Carla la figlia di Matilde mentre ci accompagna sul luogo dove una volta c'era il convento. I figli delle quattro vittime hanno deciso di rivolgersi alle aule di giustizia per conoscere la verità su quel crollo e capire se quella tragedia poteva essere evitata.
"Una tragedia che poteva essere evitata"
Dopo quasi sei anni dal sisma, i familiari delle vittime hanno ottenuto un primo risultato. Il gup del tribunale di Rieti, Riccardo Giovanni Porro, ha rinviato a giudizio l'ingegner Ivo Carloni e l'architetto Virna Chiaretti. I due dovranno rispondere dei reati di disastro colposo, crollo di edificio e omicidio colposo plurimo. Il processo inizierà a novembre. Secondo la consulenza della procura non sarebbe stata effettuata una verifica statica e sismica dell'edificio per analizzare gli effetti del terremoto de L'Aquila del 2009.
Il processo e le accuse per il crollo del convento
I lavori, effettuati due mesi dopo il sisma abruzzese, sarebbero durati appena 16 giorni. Troppo pochi, secondo l'accusa, per mettere in sicurezza lo stabile. "Una tragedia annunciata che poteva essere evitata intervenendo in maniera qualificata subito dopo il sisma aquilano – spiega l'avvocato Wania Della Vigna che difende i parenti delle quattro donne decedute e aggiunge – i reati sono per lo più omissivi non commissivi quindi il crollo non è dipeso da quello che è stato fatto, ma da quello che non è stato fatto".