Naceur è morto raccogliendo angurie nel giorno più caldo dell’anno: “Guadagniamo 1 centesimo al chilo”
Di Valerio Renzi e Alessandro Ricci
Da Montalto di Castro se si guarda verso Nord si vede la Maremma, di fronte c'è il mare e tutto interno una campagna verde e ricca. Mentre i campeggi e i residence tra Pescia Romana e Tarquinia sono già pieni di villeggianti, soprattutto nonni con i nipotini mentre i genitori fanno su e giù dalla città, nei campi si continua a lavorare. E anche qua in provincia di Viterbo esiste il caporalato. Il fenomeno non l'ampiezza di quello che vediamo in provincia di Latina, nella piana di Gioia Tauro a Caserta o nel Foggiano, ma anche qua lavoro nero e a cottimo sono una piaga.
Mercoledì scorso il 19 luglio – giornata da bollino rosso – Naceur Messauodi stava raccogliendo delle angurie sotto il sole. È stramazzato al suolo alle 16.00 nel giorno più caldo dell'anno. Soccorso dai compagni è stato scaricato all'ospedale di Tarquinia, per morire due giorni dopo il ricovero all'ospedale Belcolle di Viterbo dove era stato trasferito. Da quanto apprende Fanpage.it quel giorno il 57enne di origine tunisina lavorava in una squadra di sei braccianti. Tutti a nero, tre con il permesso di soggiorno e tre regolarmente residenti in Italia, tra loro Naceur da trent'anni nel nostro paese. A casa, in Tunisia a Sfax, lascia una moglie e due figlie di 17 e 15 anni. La sua storia ce la raccontano i suoi compagni di lavoro e un parente, anche lui in Italia da anni, che è stato vicino al 57enne negli ultimi momenti.
La raccolta delle angurie è un lavoro sfiancante e il bracciante, stroncato mentre lavorava sotto il sole e a temperature proibitive, era pagato a cottimo. Ogni squadra lavora per 1 o 1,2 centesimi al chilo a seconda delle "offerte". Raccogliendo tutto il giorno cocomeri sotto il sole, dalle sei di mattina alle sei di pomeriggio se va bene si possono mettere insieme 11 euro l'euro, se va male a fine giornata si portano a casa cinque euro l'ora.
Massimiliano Venanzi, segretario provinciale della Flai-Cgil, ci racconta come funziona da queste parti. "Il Viterbese è un territorio con una grossa vocazione agricola. Secondo gli ultimi dati Inps ci sono circa 7.000 impiegati nel settore di questi la stragrande maggioranza, oltre 6.000, sono stagionali". E poi c'è il lavoro nero: "In questa provincia è meno diffusa che altrove. Qui il lavoro più che nero è grigio, accanto ad alcune aziende virtuose, ci sono tante aziende che assumono ma sottopagano, segnando meno giornate di quelle realmente lavorate. In questo caso ci troviamo invece in una situazione di totale illegalità. Prima i lavoratori stagionali erano soprattutto dell'Est Europa, da qualche anno invece sono lavoratori migranti provenienti dall'Africa".
Ma è normale lavorare con questo caldo? "Abbiamo sollecitato con forza anche alla Regione Lazio un intervento per sospendere l'attività nelle ore più calde. Forse dopo la tragedia arriverà un protocollo d'impresa, ma noi la richiesta l'abbiamo fatta settimane fa". Naceur Messauodi ha lavorato per trent'anni nei campi, passando da una stagione all'altra, da una giornata all'altra, vivendo un'occupazione sempre precaria tra lavoro nero e lavoro in regola, senza mai il miraggio di una stabilità. I suoi compagni oggi erano di nuovo a lavoro, perché non si possono permettere di dire di no a raccogliere le angurie. Anche se le condizioni di lavoro ti ammazzano.