Museo della Shoah, l’architetto Zevi: “Ecco come sarà, 20 anni dopo il progetto è ancora più attuale”
A Villa Torlonia, l'area dove è previsto che sorgerà il Museo Nazionale della Shoah di Roma, proprio alle spalle della Casina delle Civette è accessibile solo dall'esterno. Quando l'opera sarà realtà invece si accederà da dentro la storica villa, residenza della nobiltà romana prima, di Benito Mussolini dopo. Dietro il cancello due container segnalano la cantierizzazione dell'aera. Per il resto, tutto attorno, un prato e una zona circoscritta da una rete di plastica arancione. Qui incontriamo Luca Zevi, l'architetto che ormai quasi vent'anni fa ha disegnato il progetto del museo che oggi, forse, verrà davvero costruito passando dai render alla realtà, dai plastici alla scala reale di 1:1.
Sindaco era Walter Veltroni, Roma si presentava sulla scena come una città che voleva essere una protagonista assoluta della cultura e un punto di riferimento, ed erano anche gli anni in cui la religione civica della "memoria" si andava rafforzando e strutturando. Per questo l'idea di un museo dedicato alla Shoah in Italia, per non dimenticare prima di tutto le responsabilità italiane nel genocidio degli ebrei.
Dopo che l'area è stata acquistata da Roma Capitale tramite Cassa Depositi e Prestiti, dopo che la posa della prima pietra annunciata dalla sindaca di Virginia Raggi era diventato un caso in campagna elettorale, a dare nuovo impulso al progetto è stato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che lo scorso 14 marzo ha annunciato lo stanziamento di 10 milioni deliberato dal consiglio dei ministri.
"Il ministro Sangiuliano ha manifestato un forte interesse dello Stato per quello che è stato un progetto sì di Museo Nazionale della Shoah, ma che di fatto è stato condotto tutto dagli enti locali del Lazio", la speranza è che ora con un ingresso concreto del Mibact il Museo si possa davvero realizzare. Secondo l'architetto Sangiuliano ha effettivamente da subito dichiarato come l'opera fosse una priorità, andando in effetti a trovare i fondi in tempi brevi.
"Perché al centro c'è una scatola nera? Perché in qualche modo la Shoah è un suicidio culturale e civile dell'Europa. Il progetto di stermini degli ebrei e di altre minoranze. Perché nell'attaccare gli ebrei e tutte le minoranze (come i rom e i sinti), e i portatori di handicap e cittadini affetti da malattie mentali, è proprio negare tutti i valori europei. È una scatola nera sospesa sopra le nostre teste, per dire che è un problema con cui non possiamo fare i conti troppo rapidamente, né che sarà facile elaborarlo". Nonostante l'abbia illustrato già centinaia di volte, Zevi parla con entusiasmo del suo lavoro, spiega il perché di quella .
Italiani brava gente, una certa difficoltà nel fare i conti con le pagine più buie della storia patria, hanno contribuito secondo l'architetto a fare in modo che la finalizzazione dell'opera non fosse proprio in cima alle priorità. Se a questo si aggiungono le lungaggini e le difficoltà insite in un intervento del genere, ecco che si rischia che non si farà mai. "Il progetto è un progetto complesso che ha richiesto il suo tempo. Gli italiani hanno delle difficoltà a fare i conti con la propria storia… Noi italiani siamo abituati a giustificarci. Quindi l'idea di fare i conti con un passato che mette anche sotto accusa i nostri genitori o i nostri nonni, dalle Leggi Razziali alla responsabilità del regime fascista nello sterminio degli ebrei… ha contribuito a creare qualche difficoltà io credo".
Sui mattoni della "scatola nera" che rappresenta il corpo centrale del futuro Museo ci saranno i nomi degli ebrei romani vittime della Shoah. Per non dimenticare sì, ma soprattutto per guardare negli occhi gli orrori, le violenze, le discriminazioni del nostro tempo.