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Muore a 39 anni dopo un’operazione per dimagrire: la Procura chiede il processo per due medici

Due medici di una clinica dei Parioli a Roma sono imputati per la morte di Silvia Oddo, una paziente 39enne che si è sottoposta ad un intervento alll’addome per dimagrire. Devono rispondere di omicidio colposo e falso in atto pubblico.
A cura di Alessia Rabbai
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Immagine di repertorio
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Dovranno rispondere di omicidio colposo e falso in atto pubblico due medici di una clinica nel quartiere Parioli a Roma. La richiesta di rinvio a giudizio è per la morte della trentanovenne Silvia Oddo, che si è sottoposta ad un intervento in laparoscopia per la ricostruzione della parete addominale, perché voleva dimagrire. I famigliari della paziente, appresa la notziia della sua improvvisa scomparsa dopo quello che era stato presentato come un intervento di routine, hanno sporto denunica, assistiti dall'avvocato Pierfrancesco Bruno, sospettando che si sia trattato di un caso di malasanità. Ora i due professionisti, il chirurgo Giuseppe Pozzi e l’anestesista Franco Coppola, attendono l'esito in merito al rinvio a giudizio. Per il pubblico ministero Daniele Cento i due medici avrebbero manipolato la cartella clinica della paziente.

I fatti risalgono al 4 maggio del 2021, la paziente si era rivolta alla clinica (estranea all'inchiesta) per un intervento all'addome. Un'operazione sia di natura estetica che fisiologica, che le avevano presentato come di routine. In pratica si è trattato di un intervento per la ricostruzione della parete addominale in laparoscopia, ossia una tecnica chirurgica mininvasiva con laparoscopio, uno strumento introdotto nell’addome attraverso un piccolo taglio, che proietta le immagini su un monitor. Ma qualcosa in sala operatoria è andato storto: la paziente è rimasta sotto ai ferri per quasi tre ore invece che quaranta minuti. Inizialmente pareva che l'intervento fosse andato bene e che la morte sia sopraggiunta accidentalmente in un secondo momento. Tuttavia un testimone interno all'ospedale ha spiegato che le cose non sarebbero andate come c'è scritto nella cartella clinica, ma che la paziente dopo l'intervento chirurgico non si sarebbe mai svegliata.

Per la Procura, come riporta Il Corriere della Sera, Coppola avrebbe dimesso la paziente dalla sala risveglio la paziente prima del tempo opportuno, ossia prima che tornasse cosciente. Pozzi, sempre secondo l'accausa, non le avrebbe prestato le cure necessarie, mentre si trovava in stato d'incoscienza. Inoltre i due medici avrebbero manipolato la cartella clinica, documentando un risveglio che non ci sarebbe mai stato. Ora spetta al giudice esprimersi sul rinvio a giudizio.

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