Morte Maria Sestina Arcuri, i giudici: “Landolfi voleva ucciderla, l’ha presa e lanciata dalle scale”
"A giudizio di questa Corte Maria Sestina Arcuri è stata lanciata da Landolfi con una condotta che si è rivelata letale. E l’effetto letale era anche nei propositi dell’imputato. Landolfi ha afferrato la ragazza e l’ha lanciata". Così la Corte d'Appello nelle quarantotto pagine che motivano la condanna a ventidue anni di reclusione per Andrea Landolfi, il fidanzato di Maria Sestina Arcuri a processo per omicidio.
La Corte d'Appello ha ribaltato la sentenza di primo grado che aveva invece assolto Andrea Landolfi, propendendo per la caduta accidentale. Per i giudici della prima Corte d'Assise, i due fidanzati erano caduti insieme dalle scale dopo essere inciampati, rotolando su di esse. Un impianto totalmente sconfessato dai giudici d'Appello, che sostengono la caduta sia avvenuta dall'alto: Sestina, quindi, sarebbe stata letteralmente lanciata di sotto dal fidanzato al culmine di una lite.
"L’ha lanciata per le scale e ha omesso qualsiasi iniziativa per cercare di salvarle la vita, completando il suo disegno di morte", si legge ancora nelle motivazioni. "La sentenza di assoluzione è frutto di una non corretta valutazione delle prove. È stata privilegiata l’ipotesi tecnicamente meno probabile della dinamica dell’evento ancorandola alle prove dichiarative meno credibili. L’ipotesi della caduta accidentale è contraria alla logica, alle leggi della fisica e agli accertamenti medico legali sui corpi dell’imputato e della vittima".
Secondo i giudici, anche i comportamenti successivi di Andrea Landolfi sono stati tutti dettati dal voler nascondere l'accaduto, cercando di coprire quello che aveva fatto. "La condotta successiva al lancio è parte integrante del reato di omicidio. Le azioni, e sopratutto le omissioni, da lui compiute non costituiscono soltanto la realizzazione del delitto di omissione di soccorso, ma parte integrante dell’omicidio".