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Morte Eugenio Fasano, il pm chiede l’archiviazione ma la famiglia si oppone

Una tragica fatalità o l’esito di un violento pestaggio? Sono queste le due tesi contrapposte che ruotano intorno al decesso del carabiniere Eugenio Fasano.
A cura di Simona Berterame
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Come è morto il maresciallo Eugenio Fasano? Una tragica fatalità o l'epilogo di un violento pestaggio? Sono queste le due tesi contrapposte che ruotano intorno al decesso del carabiniere. Il 15 marzo 2023 si svolgerà l’udienza davanti al Gip che dovrà decidere se procedere con le indagini o archiviare il caso. Secondo la pm Roberta Capponi questo caso va archiviato per infondatezza della notizia di reato, mentre la famiglia di Eugenio ha presentato un'opposizione contro questa scelta. "Eugenio ha subito una violenta aggressione", affermano ormai da quattro anni.

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La morte del carabiniere

Questa storia inizia il 24 gennaio 2019 al circolo Antico tiro a volo di via Vajna. Eugenio si trova lì insieme ad alcuni colleghi per giocare una partita di calcetto. Secondo il racconto di alcuni testimoni, Fasano si sarebbe sentito male subito dopo essere rientrato negli spogliatoi. Arriverà al pronto soccorso del Policlinico Umberto I solo dopo più di un'ora. Cosa è successo in tutto quel lasso di tempo? "Sono state dette molte bugie – continua a ripetere Teresa Afiero, sorella della vedova – Non coincidono gli orari tra le varie testimonianze, abbiamo dovuto attendere due anni per conoscere chi stava giocando questa partita insieme ad Eugenio, perché tutto questo mistero?".

Le due tesi

La perizia dei Ctu (consulenti tecnici d'ufficio) porta avanti la tesi della morte naturale. I medici Vincenzo Arena e Nicola Silvestri scrivono nelle conclusioni che il decesso di Fasano sarebbe legato  “ad un arresto cardio-respiratorio terminale da insufficienza multi-organo e shock cardiogeno conseguente ad un infarto acuto del miocardio in soggetto sottoposto ad angioplastica primaria”. La pensano diversamente i consulenti di parte nominati dalla famiglia della vittima, il dottor Donato Labella e il dottor Giuseppe Merolla. Per loro il decesso sarebbe stato invece causato ad "un trauma, caduta, spinta, aggressione, calcio al torace o altro evento contundente traumatico al torace". Quindi l’infarto – si legge nelle conclusioni- non sarebbe la causa prima della morte ma la conseguenza di un altro evento.

"Il corpo di mio cognato ha parlato – spiega Teresa Afiero – ha il labbro spaccato, 12 costole rotte e un polmone perforato: queste lesioni possono essere legate solo a delle percosse e non ad un infarto".

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