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Indagine sulla morte di Andrea Purgatori

Morte di Andrea Purgatori, per i medici c’è stata una “catastrofica sequela di errori e omissioni”

I risultati della perizia chiesta dal gip sulla morte di Andrea Purgatori. Da parte di un cardiologo ci sarebbero stati “catastrofici errori e omissioni”. Una terapia mirata per l’endocardite avrebbe potuto allungare la vita al giornalista.
A cura di Enrico Tata
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Quattro medici sono indagati con l'accusa di omicidio colposo nei confronti del giornalista Andrea Purgatori, morto a luglio 2023: si tratta del radiologo Gianfranco Gualdi, del suo assistente Claudio Di Biasi, della dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, e del cardiologo Guido Laudani. Dalle conclusioni della perizia medico-legale disposta dal gip emergono dettagli inquietanti: secondo gli esperti non solo fu sbagliata la diagnosi, ma ci fu, da parte di un medico in particolare, una "catastrofica sequela di errori e omissioni".

La "catastrofica sequela di errori" del cardiologo

I neuroradiologi indagati, scrivono i medici legali, sbagliarono a refertare la risonanza magnetica eseguita dal giornalista l'8 maggio del 2023. Per imperizia e imprudenza, secondo gli esperti. E sbagliarono per imperizia l'interpretazioni degli esami sostenuti il 6 giugno e l'8 luglio. Il cardiologo Laudani "effettuò approfondimenti diagnostici insufficienti" e, da lui in particolare, ci fu una "catastrofica sequela di errori ed omissioni".

Secondo i periti, Laudani non interpretò correttamente i risultati dell'esame holter e giunse erroneamente alla conclusione che "l'embolizzazione multiorgano fosse conseguenza di fibrillazione atriale. Inoltre non valutò adeguatamente il quadro clinico e gli effetti della terapia anticoagulante che aveva impostato. Si tratta di comportamenti che possiamo definire non adeguati".

Andrea Purgatori poteva vivere più a lungo

A luglio 2023 Purgatori fu dimesso, ma apparentemente senza valutare i risultati di un prelievo da cui era evidente una condizione di severa anemia, che avrebbe dovuto indurre i medici a farlo restare in ospedale. "Una anemia dovuta alla catastrofica sequela di errori ed omissioni a partire, per questo aspetto, dalla errata diagnosi di fibrillazione atriale, con conseguente terapia anticoagulante rivelatasi potenzialmente fatale e di fatto controindicata nelle endocarditi, e con totale oscuramento del contesto clinico complessivo".

Per i medici legali una diagnosi corretta e un trattamento adeguato avrebbe consentito ad Andrea Purgatori un periodo di sopravvivenza maggiore. Qualora l'endocardite venga trattata adeguatamente, la letteratura scientifica considera il tasso di sopravvivenza a un anno in circa l'80 per cento. Secondo le conclusioni della perizia, l'endocardite, che fu la causa della morte del giornalista, "avrebbe potuto essere individuata più tempestivamente, per lo meno all'inizio del ricovero dal 10 al 23 giugno del 2023, od ancora prima, nella seconda età di maggio 2023 qualora i neuroradiologi avessero correttamente valutato l'esito degli accertamenti svolti l'8 maggio".

L'autopsia sul corpo di Purgatori: morì per un'endocardite

Secondo i risultati dell'autopsia, Purgatori aveva metastasi diffuse a causa di un grave tumore ai polmoni. Ma di fatto è morto a causa di un'endocardite, cioè un'infezione al cuore. Una terapia antibiotica avrebbe potuto allungargli la vita.

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