Morta la madre di Stefano e Ilaria Cucchi: “Si è arresa per andare a riabbracciare il figlio”
Rita Calore, la mamma di Stefano e Ilaria Cucchi, è morta. "Non ce l'ha fatta. Questa mattina Rita Calore si è arresa per andare a riabbracciare Stefano. Il figlio mai perduto. Lo scrivo con tanta emozione e mi stringo a Giovanni ed Ilaria. Non mi viene altro da dire a questa grande famiglia", le parole dell'avvocato Fabio Anselmo, che ha dato la notizia. Rita Calore da tempo era malata: questo non le ha mai impedito di chiedere giustizia per la morte del figlio, massacrato di botte in caserma il 16 ottobre del 2009.
"Questa storia ci ha distrutto fisicamente e economicamente – aveva dichiarato Rita Calore, parlando della morte del figlio e del processo che ne è seguito, tra insulti alla sua famiglia, insabbiamenti e depistaggi – abbiamo passato momenti terribili, abbiamo chiesto prestiti in banca per far fronte alle spese del processo. Il lavoro ne ha risentito, lo studio, dove lavorava anche mia figlia Ilaria, è andato sempre peggio, alcuni nostri dipendenti sono andati via. Per dieci anni non ho mancato un’udienza, poi mi sono ammalata prima io, poi mio marito".
A metà settembre le condizioni della donna, malata dal 2019, si erano aggravate, tanto da rendere necessario il ricovero urgente in ospedale. In quell'occasione Ilaria Cucchi, candidata e poi eletta al Senato come indipendente dalla lista Alleanza Verdi e Sinistra in quota Sinistra Italiana, aveva sospeso gli appuntamenti elettorali per stare vicino alla madre.
Per anni Rita Calore è stata in prima fila insieme alla figlia Ilaria e al marito Giovanni nel cercare giustizia per la morte del figlio. Sin da subito, guardando il corpo del figlio Stefano steso su quel letto di obitorio, ha capito che c'era qualcosa che non andava nella versione delle forze dell'ordine. E si è battuta affinché quel "è caduto dalle scale" non scrivesse la parola fine a una vicenda che altrimenti si sarebbe conclusa ancora prima di iniziare.
Per il pestaggio e la morte di Stefano Cucchi sono stati condannati in via definitiva a dodici anni per omicidio preterintenzionale i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. La Corte di Cassazione, nelle sue motivazioni, ha spiegato che il ‘pestaggio' del geometra romano ha rappresentato la ‘causa primigenia' di una serie di "fattori sopravvenuti", tra i quali le "negligenti omissioni dei sanitari", che lo hanno portato alla morte.