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Molestie all’università la Sapienza: “Spesso si minimizzano gli abusi e non si crede alle studentesse”

“Spesso le ragazze si confidano con gli amici che minimizzano i loro racconti”, questa la denuncia della responsabile del centro antiviolenza. “Le studentesse che si sono rivolte a noi sono state molestate da studenti, ma ci sono anche casi di abusi da docenti e dottorandi. È importante dire loro che non sono sole”, aggiunge la consigliera di Fiducia della Sapienza.
A cura di Beatrice Tominic
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Tredici le segnalazioni di cui la rettrice Antonella Polimeni ha parlato nel corso del suo intervento in commissione Femminicidi. Ma questi sono solo i casi che ci vengono riportati. Lo hanno raccontato a Fanpage.it la consigliera di Fiducia dell'ateneo, Giorgia Ortu La Barbera e la responsabile del centro antiviolenza di ateneo, rivolto a tutte le donne del territorio, ma utilizzato da molte studentesse, Giuliana Giardi.

"Da quando il centro antiviolenza è attivo, abbiamo ricevuto oltre 200 segnalazioni da parte di donne e ragazze. Il 54% delle persone che si sono rivolte a noi hanno meno di 30 anni, nella maggior parte rientrano nella fascia 18-24 e sono studentesse universitarie della Sapienza", ha rivelato Giardi. "Spesso quando si rivolgono a noi, si sentono completamente sole. Prima si confidano con la loro cerchia di amici che spesso non le sostiene: gli abusi vengono minimizzati o non vengono credute".

"Non si tratta soltanto di ragazze e donne intrappolate in relazioni violente, ma spesso ci troviamo di fronte a veri e propri abusi di potere: la studentessa molestata dal docente, la dottoranda dal ricercatore. E la persona abusata diventa vittima due volte", sottolinea Ortu La Barbera.

Chi è e cosa fa la consigliera di fiducia d'ateneo

"Si tratta di una figura nata alla Sapienza dopo la stesura del codice di comportamento contro le molestie sessuali. Per garantire il massimo della trasparenza, è un soggetto esterno alle dinamiche di ateneo": così Ortu La Barbera descrive il suo ruolo. "Ragazze e ragazzi possono rivolgersi a me non soltanto per segnalare abusi di ogni genere, ma anche per un confronto. Se si sentono a disagio o in pericolo, possono parlarne. Non sempre si è pienamente consapevoli di quanto sta avvenendo".

Così studenti e studentesse possono inviare un'email alla psicologa chiedendo un colloquio, in presenza, in una stanza dedicata o a distanza. "A volte si tratta di abusi, dai comportamenti inappropriati allo stalking, in relazioni orizzontali, fra studenti. In quel caso possono esserci due generi di richiamo.

Quelli informali, un primo ammonimento e, in caso di necessità, l'invito a rivolgersi al servizio di Counseling psicologico offerto dall'ateneo. Quelli formali, invece, possono prevedere una sospensione obbligate delle attività di ateneo: chi commette atteggiamenti del genere resta indietro con gli studi. Per non parlare, se si tratta di reati penali, di eventuali denunce".

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Abusi da parte di docenti e dottorandi: la violenza di genere incontra l'abuso di potere

A volte, però, le molestie possono arrivare da personale tecnico amministrativo e bibliotecario o dal corpo docenti. "Nel primo caso viene seguita una normativa apposita – spiega Ortu La Barbera – Nel secondo, invece, viene convocato un collegio disciplinare con docenti della Sapienza ed esterni che è chiamato a verificare e a scegliere se e quale provvedimento prendere". La paura, nei casi continuativi che vedono abusi da parte di un professore che si incontra ogni giorno a lezione o dal docente referente di un dottorato, ad esempio, sono le ritorsioni.

"Per questo il nostro lavoro non si esaurisce una volta preso il provvedimento a carico dell'abusante – sottolinea – Come Consigliera di Fiducia e come ateneo continuiamo a tutelare studentesse e studenti vittime di violenza e ci assicuriamo che non ci siano ritorsioni di alcun genere. Oltre ai reati per cui è possibile sporgere denuncia, i provvedimenti disciplinari presi dall'ateneo possono arrivare già dopo comportamenti considerati molesti nel codice di ateneo, come riferimenti sessuali espliciti davanti a studentesse e studenti, avances o proposte sessuali", continua a spiegare. "Il nostro ruolo è ricordare che noi crediamo alle studentesse. Il ruolo della consigliera di fiducia è proprio questo: dire alle studentesse noi vi crediamo".

L'ingresso del centro antiviolenza alla Sapienza.
L'ingresso del centro antiviolenza alla Sapienza.

Il centro antiviolenza

Come in altre università della Regione Lazio (purtroppo, come accade nell'università di Roma Tre, talvolta a rischio chiusura), anche La Sapienza ha un centro antiviolenza. Si trova in viale dello Scalo San Lorenzo 61/B; è aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00 ed è gestito dalla storica associazione Telefono Rosa.

"Il nostro centro è aperto a tutte le donne del territorio, ma almeno il 54% delle persone che si rivolgono a noi è costituito da ragazze sotto i trenta anni, spesso studentesse – spiega la responsabile del centro, Giuliana Giardi – Ad accoglierle ci sono delle operatrici qualificate, a cui si aggiungono psicologhe e avvocate da cui le ragazze possono scegliere di essere seguite in un percorso psicologico o quando (e se) decidono di sporgere denuncia. Da qualche tempo collabora con noi anche una nutrizionista: non posso parlare di causalità diretta, ma spesso abbiamo riscontrato che le vittime di abusi, con il passare del tempo, hanno riscontrato disturbi alimentari. Così come disturbi dell'umore. L'importante è che sappiano che non hanno colpe, anche se esiste chi vorrebbe far credere loro il contrario, soprattutto nelle relazioni sentimentali".

Tutti i servizi, dall'inizio alla fine, sono totalmente gratuiti e l'anonimato delle persone che si rivolgono al centro è sempre garantito.

Centro antiviolenza: "Oltre 200 richieste, spesso ragazze lasciate sole"

"Sono oltre 200 le segnalazioni arrivate nel centro antiviolenza nell'ultimo anno. Spesso si tratta di ragazze che decidono di intraprendere un percorso con noi, anche in gruppi di auto mutuo aiuto – spiega – In alcuni casi arrivano anche studentesse fuorisede che portano con loro il peso di violenze avvenute dove vivevano prima e che hanno trovato in Roma una speranza. In altri è proprio nella capitale che donne e ragazze hanno iniziato a vivere il loro incubo", continua Giardi.

"Spesso, purtroppo, le ragazze arrivano da noi totalmente abbandonate dalla propria cerchia di parenti e amici. Magari si sono confidate con loro, ma non hanno creduto ai loro racconti. O sono stati minimizzati gli abusi – continua Giardi – Il dolore più grande è proprio questo. Non soltanto ci troviamo di fronte ad un singolo violento. A volte è tutta la comunità che volta le spalle alle vittime degli abusi, come se fossero loro ad avere la colpa di quanto accaduto".

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