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Minaccia con l’acido la consulente del giudice: voleva pilotare la causa di divorzio della figlia

Un uomo di settant’anni è stato condannato a due anni di reclusione con l’accusa di stalking per aver ripetutamente minacciato la consulente del giudice. Aveva scritto una relazione che non favoriva la figlia nella causa di divorzio con l’ex marito.
A cura di Natascia Grbic
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(La Presse)
(La Presse)

Avrebbe gettato in almeno quattro occasioni dell'acido sulla macchina di una consulente del Tribunale, ‘colpevole', secondo lui, di aver sfavorito la figlia nella causa di divorzio contro l'ex marito. E così un uomo di settant'anni è stato condannato a due anni di reclusione – con pena sospesa – con l'accusa di stalking. Per questo era finito ai domiciliari: adesso dovrà risarcire la donna che ha perseguitato con 15mila euro. La vicenda è riportata da Il Messaggero.

Tutto comincia quando la figlia si separa dal marito. Un divorzio burrascoso, pieno di liti, e con un bambino conteso, che sarà poi affidato ai servizi sociali data la situazione. In questa situazione già complicata si inserisce il suocero dell'uomo, che non tollera una relazione della consulente del Tribunale. Secondo lui e la figlia, questa relazione sarebbe andata a sfavorire la posizione della donna. Per questo il 70enne si era fissato e aveva deciso di fargliela cambiare.

Più di una volta l'uomo aveva pedinato la donna fuori dal lavoro, chiedendole insistentemente di rivedere la sua relazione. Al suo rifiuto, per ben quattro volte, le ha gettato una sostanza corrosiva sull'auto creandole non solo un danno materiale, ma anche psicologico. La professionista, infatti, aveva cominciato a temere per la sua incolumità e quella dei suoi familiari.

"Con condotte reiterate minacciava e molestava la consulente – si legge nel capo di imputazione riportato da Il Messaggero – appostandosi nei pressi del suo luogo di lavoro, seguendola per strada in auto e danneggiando con liquidi altamente corrosivi le auto in uso alla donna, generando nella parte lesa uno stato di ansia e paura, e un fondato timore per l’incolumità propria e dei suoi familiari, costringendola a modificare le proprie abitudini".

"Confidavamo in una sentenza più severa – le parole dell’avvocato del padre del bimbo, Federico Sinagra – ci auguriamo che i due anni di reclusione chiesti dall’imputato corrispondano ad una reale ammissione di responsabilità che eviti la possibilità di commettere ulteriori delitti".

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