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Migliaia al corteo transfemminista contro il governo: “L’aborto è un diritto, no prolife nei consultori”

Tantissime le persone scese in piazza oggi a Roma per la manifestazione di Non Una di Meno contro la decisione del Governo di aprire le porte dei consultori agli antiabortisti.
A cura di Natascia Grbic
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Migliaia le persone scese in piazza oggi a Roma per la manifestazione di Non Una di Meno contro la decisione del governo di aprire le porte dei consultori agli antiabortisti. Una decisione che minaccia la privacy di chi decide di interrompere una gravidanza, e che vuole rendere quello dell'Ivg un percorso a ostacoli.

Tantissimi i cartelli lungo il corteo che lanciano messaggi sulla libertà di scelta e per rivendicare autonomia e autodeterminazione. Ma anche misure concrete a sostegno del reddito, "che fin qui hanno escluso precarie, partite iva e disoccupate", spiegano le attiviste. Tante le azioni lungo il percorso: le manifestanti hanno esposto pillole giganti di Ru486 per reclamare la somministrazione in ospedali e consultori come previsto dalle linee guida AIFA.

"La legittimazione nazionale delle lobby antiabortiste e antiscelta per operare nei consultori si colloca in una realtà già tragica: i consultori pubblici vengono svuotati, inglobati nelle case della salute o chiusi; in sei regioni italiane esistono già consultori privati gestiti da associazione cattoliche", hanno dichiarato le attiviste di Non Una di Meno. "Eppure la legge prevede 1 consultorio ogni 20.000 abitanti, mentre ormai a livello nazionale siamo arrivati a 1 consultorio ogni 45.000/75.000 abitanti. Questo servizio di sanità territoriale, nato dalle lotte femministe degli anni ‘70, che avrebbe dovuto prevedere una varietà di offerte plurispecialistiche è, oggi, svuotato dalle sue finalità politiche e diventato in molti casi poco più che un semplice ambulatorio, privandoci di strutture socio-sanitarie gratuite, laiche, aperte e accessibili a tuttə".

La situazione, in tutto il Paese, non è rosea. In Italia ci sono strutture ospedaliere dove il tasso di obiezione di coscienza oscilla tra l'80% e il 100%. In alcune regioni, come le Marche, abortire è praticamente impossibile. In altre, qualora si riesca ad accedere all'Ivg, non è raro dover spostarsi di città per trovare personale medico disposto a praticarla. Insomma, nonostante siano passati 46 anni dall'approvazione della legge 194, accedere a un proprio diritto è ancora molto complicato. Il governo Meloni, nonostante abbia detto più volte di non voler toccare la 194, sta provando a mettere in campo una serie di provvedimenti volti a ostacolare le donne che decidono di abortire. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, a inizio legislatura, aveva chiesto di modificare l’articolo 1 del Codice civile al fine di riconoscere la capacità giuridica del concepito. Una proposta che aveva fatto discutere, e che in seguito alle polemiche non è stata poi attuata. Adesso è la volta degli antiabortisti nei consultori, associazioni ultracattoliche, antiscelta, che vogliono incidere sulla capacità delle donne di autodeterminarsi.

"Vogliamo attraversare gli spazi della salute senza paura, senza giudizio e senza abusi, confidando nella tutela del sistema sanitario pubblico e laico, senza essere penalizzatə e senza interferenze sulle nostre decisioni – concludono le attiviste -. Lottare per i consultori significa anche lottare per un trattamento dignitoso delle persone che lavorano nella sanità".

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