Michetti chi?
Michetti Chi?
"Michetti chi?", doveva essere lo slogan in grado di trasformare la debolezza del candidato di centrodestra in un punto di forza. Arrivati alla fine della campagna elettorale possiamo dire che non è andata così. Ancora oggi non conosciamo una proposta del candidato del centrodestra, la cui campagna elettorale è stata portata avanti da Matteo Salvini e Giorgia Meloni in prima persona che si sono di fatto sostituiti al tribuno radiofonico. Una campagna elettorale in parallelo, in una competizione che sembra essere sfuggita di mano, e non basterà l'abbraccio di questa mattina a Spinaceto tra i due leader a risolvere tutto a favore di telecamere.
Nonostante tutto è chiaro che Michetti arriverà al secondo turno. La destra a Roma è forte e radicata, ma i voti di Salvini e Meloni non basteranno per vincere il ballottaggio. Michetti non è stato capace finora di conquistare un voto in più di quelli dei partiti. Troppo moderato per la destra identitaria che lo circonda e lo ha scelta, troppo naïf per centristi e Forza Italia, ma anche per la Lega di Giancarlo Giorgetti che ha strizzato l'occhio a Calenda. Insomma il candidato ectoplasma Michetti alla fine ha scontentato tutti, costringendo la Meloni a fare gli straordinari per portarlo a spasso tra palchi e periferie. Michetti non sfonda nei salotti buoni, non conquista i cuori della borghesia, e allo stesso tempo riesce nella non semplice operazione di lasciare indifferenti le periferie.
C'è chi si interroga se è solo una raffinata strategia elaborata in una qualche war room. Al primo turno i partiti lavorano a mobilitare il loro elettorato con i loro leader impegnati a far conoscere Michetti, che così potrà arrivare al secondo turno carico e con tutte le cartucce ancora da sparare mentre l'avversario sarà inevitabilmente più spompato. Staremo a vedere, da quello che abbiamo visto e ascoltato in questi giorni a tratti l'avvocato amministrativista che aspira a governare Roma non sembrava proprio essere in grado di reggere i ritmi della campagna elettorale. Perennemente indietro e in ritardo, spesso nervoso, raramente con la risposta pronta.