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Medici a gettone nei pronto soccorso: pagati 250 euro l’ora, spesso senza specializzazione

Medici di pronto soccorso pagati a gettone più del quadruplo degli strutturati, che a volte non hanno nemmeno la specializzazione e fanno turni anche da 36 ore. Nel Lazio c’è un problema, ed è la mancanza di personale negli ospedali.
A cura di Natascia Grbic
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Nel Lazio c'è un problema: mancano i medici nei pronto soccorso. Si tratta di un tema non da poco dato che mette in tensione il  sistema sanitario regionale laddove è necessario che risponda con prontezza: nel servizio d'urgenza. La ‘pezza', messa dagli ospedali, è quella di ricorrere a cooperative che assumono ‘medici a gettone‘, pagati a ore. Il costo? Si può arrivare anche a 250 euro l'ora.

I motivi sono diversi: blocco del turnover, borse di specializzazione insufficienti, impossibilità per la Regione di assumere nuovi medici. E, di conseguenza, un servizio sanitario pubblico poco attrattivo per gli studenti che escono dalla facoltà di Medicina. Nel Lazio il problema si presenta soprattutto nelle Asl di Latina e Frosinone, ma anche il resto del territorio risente di queste difficoltà.

Questo però, non è solo un problema di costi esorbitanti: si parla di dignità dei medici di pronto soccorso, pagati un quarto di quelli a gettone. Si parla di qualità del servizio reso, dato che questi professionisti operano indipendentemente dalla loro specializzazione e dalle ore di lavoro già svolto. Potrebbe quindi capitare di trovare in turno non solo un medico non specializzato in medicina d'urgenza, come richiesto ai medici di pronto soccorso, ma un medico che non si riposa da 36 ore. A prescindere dalla sua bravura, chi non dorme da così tante ore non potrà mai essere lucido al 100%. Con rischi che si abbattono sulla salute dei paziente.

Fanpage.it ha intervistato sul tema Riccardo Magi, presidente dell'Ordine dei medici di Roma. Per Magi, la carenza di medici in pronto soccorso è causata da vari motivi: il sistema sanitario è diventato meno attrattivo, c'è il problema di turnover, e non sono state programmate un numero di borse sufficienti. "Si è fatto un discorso di natura economica – spiega Magi – Quando il Ministero dell'Economia va a risparmiare quattrini, lo fa sulla sanità. E così ci troviamo con questa situazione nei pronto soccorso, ma non solo".

Per garantire l'assistenza, gli ospedali sono così costretti a rivolgersi alle cooperative e a esternalizzare i servizi. "Una delle cose più gravi – continua Magi – è che non possiamo controllare i colleghi per numero di ore continuative in cui lavorano. C'è poi il problema del titolo: per essere strutturato, il medico deve essere uno specialista. A chi lavora nelle cooperative non è richiesto questo titolo. Sono medici sì, ma non specialisti in medicina d'urgenza".

Un paziente che si reca in pronto soccorso quindi, potrebbe ritrovarsi nelle mani di un medico con un titolo non adeguato. "Sicuramente per ora è l'unica manovra possibile per non chiudere i servizi, ma è difficile da accettare per noi e pericoloso per i pazienti – dichiara Valentina Valeriano, medica di pronto soccorso – Non ci si rende conto delle responsabilità di un medico d'urgenza, abbiamo le vite dei pazienti nelle nostre mani. Il fatto che possa capitargli un medico privo di specializzazione non deve accadere".

Per Alessio D'Amato, assessore regionale alla Sanità del Lazio, aggirare il problema è semplice: "Il governo deve togliere il tetto per le spesa al personale fissato nel 2004, mettere due miliardi in più e consentire alla Regione di pagare di più medici e infermieri di pronto soccorso". Fino ad allora però, aggiunge D'Amato, "l'assistenza va garantita. Non possiamo dire a un cittadino che non sarà curato".

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