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Maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta, ci sono anche gli Spada di Ostia: “Mi siedo al tavolo del boss”

Il clan Spada voleva allacciare rapporti sul traffico di stupefacenti con la cosca calabrese dei Bellocco. Tutto è partito in carcere, quando il boss rosarnese ha conosciuto un esponente romano.
A cura di Beatrice Tominic
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Come emerge dall'inchiesta Blu Notte che ha portato all'arresto di oltre 70 persone, la cosca calabrese dei Bellocco, storicamente storicamente egemone a Rosarno, aveva stretto rapporti con il clan di Ostia degli Spada. Oltre ai membri della cosca, infatti, su richiesta della Dda di Reggio Calabria, i carabinieri hanno arrestato anche tre esponenti del clan Spada: i fratelli Ramy e Samy Sorour e Manuel Granato. Due esponenti della cosca hanno curato nel 2020 le trattative a Roma, dove si erano incontrati con potenziali acquirenti dello stupefacente, importato dall'estero e "con compratori di Ostia a cui lo avrebbero rivenduto", come si legge in aperture dai documenti dell'inchiesta.

Il rapporto con il clan Spada è nato circa un anno prima rispetto al tentativo di vendita della cocaina: a fare da collegamento fra i due gruppi criminali, il boss Umberto Bellocco, detto Chiacchiera e il romano Ramy Serour, arrestato in quanto esponente del clan laziale. Il boss era persona conosciuta nel penitenziario di Lanciano: faceva "sentire la propria voce dall'interno del penitenziario, aumentando carisma criminale e  arrivando ad incutere maggior timore nelle vittime".

L'incontro fra il boss Bellocco e Ramy Sorour

I due si sono conosciuti proprio nel carcere abruzzese nel 2019: Serour era una delle persone (detenuti e persone in semilibertà, fra cui lo steso Granato) che procurava al boss il materiale per comunicare con l'esterno, come sim card e telefoni cellulare. Grazie ai contatti con l'esterno il boss riusciva ad essere a conoscenza di quanto riguardava la cosca: le persone che venivano contattate risultavano sempre più intimorite e pronte a prostrarsi al volere del boss. Come si legge, "le comunicazioni  ne aumentavano il prestigio criminale e l'aurea di soggetto capace di non essere limitato neanche dai rigori della detenzione". Ad aggiornare il boss, soprattutto il marito della sorella, agli arresti domiciliari.

Il rapporto fra Spada e Bellocco

Come emerge dalle intercettazioni di Sorour al telefono con Maximino Soto Rojas, già agli arresti domiciliari ad Anzio, dopo aver procurato i dispositivi elettronici a Bellocco, sarebbe entrato in stretto contatto con lui, tanto da essere invitato ad un incontro: "La verità fra, la verità – dice Sorour nelle intercettazioni – Oggi io sono stato invitato ad un tavolo, eravamo diciassette persone, tutti… la ‘ndrangheta!", si sente dire al telefono da Sorour. E alla domanda su chi comandava all'interno del carcere rispondeva: "Quell'amico mio che ti ho detto", in seguito apostrofato da Maximo, Umbertino. "Queste sono persone serie, loro parlano di gente perbene", aggiungeva Serour.

Secondo quanto registrato, è stato proprio Soto Rojas a chiedere per primo "l'intervento di Bellocco per l'intercessione nei confronti di alcuni soggetti calabresi operanti nell'area romana", che avevano svolto minacciato i gruppi locali.

"Hanno fatto una prepotenza ad una persona – spiegava Soto Rojas – Sono tutti parenti, sono tutti Calabrotti!" A risolvere il problema ci avrebbe pensato proprio il boss: i dissapori si sarebbe eliminati grazie alla mediazione del boss: "Quando gli ho detto il nome dell'amico tuo, è diventato bianco. Mi ha chiesto se lo conoscessi davvero, si è scusato e ha aggiunto di mandargli i suoi saluti".

La compravendita di stupefacenti

Dopo questo primo avvicinamento il rapporto fra la cosca Bellocco e il clan Spada sarebbe diventato più saldo grazie all'intervento di un'altra persona, Gioacchino Bonarrigo, che portava avanti le trattative con il clan di Ostia, per vendere loro gli stupefacenti. Uno degli episodi più significativi ricostruiti dal personale del Nucleo Investigativo di Gioia Tauro riguarda proprio tentativo di vendita di una partita di cocaina da parte dei Bellocco al clan degli Spada.

Nel maggio del 2020, un contatto romano del boss Bellocco aveva detto di voler intraprendere un business nell'ambito di stupefacenti con la criminalità organizzata calabrese.Come si sente, il boss riportava: "C'è un amico mio di qua di Roma che mi sta esaurendo, chiede se può andare in Calabria". La droga sarebbe arrivata da un'altra famiglia criminale calabrese, già in stretto contatto con i Bellocco, quella dei Pizzata di San Luca.

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