Addio allo storico cinema Azzurro Scipioni, il gestore: “Cuore spezzato, Comune intervenga”
"Ho il cuore spezzato, auguro a chi sentirà questa intervista di trovare una soluzione, perché è nelle vostre mani, non solo nelle mie". Sono le parole di Silvano Agosti, fondatore e gestore dello storico cinema Azzurro Scipioni a Roma, piccolo monumento storico della Capitale, che ha ospitato nomi del calibro di Antonioni, Bertolucci, Fellini e il grande Ennio Morricone. "Ho detto solo che volevo vendere le sedie – spiega il proprietario intervistato da Fanpage.it – Da ciò tutti hanno desunto che questo posto chiude". La decisione a seguito delle difficoltà per le chiusure imposte dal Governo come provvedimenti per contrastare i contagi nell'emergenza coronavirus, che hanno messo in ginocchio oltre a tante attività commerciali, anche i luoghi della cultura, cinema e teatri. Così la sala blu di via degli Scipioni chiude i battenti dopo quarant'anni di attività, a causa del lockdown e dell'affitto del locale, divenuto ormai troppo alto e insostenibile.
L'appello del cinema Azzurro Scipioni al Comune di Roma
Silvano ha provocatoriamente messo all'asta sedie proiettore e schermo, cercando il sostegno del Comune di Roma. "Stare in questo cinema per me ogni mese è stato un anno, ogni anno è stata una vita intera. È un piccolo ‘Louvre' del cinema, un luogo dove si sono radunati quasi spontaneamente 360 capolavori della storia del cinema e hanno detto ‘caro Silvano, noi siamo il cinema', tutto il resto è quello che si proietta nelle sale di tolleranza, che chiamo i cinema normali. La difesa di questo posto si trasforma immediatamente in difesa dell'essere umano". Questo è il primo anno inoltre in cui la ‘Notte dei Sogni', che accompagna tradizionalmente la fine di dicembre, non si farà: "Cominciavo alle 9 di sera con le proiezioni e finivo alle 9 del mattino, raccontavo il film, la vita". L'unica soluzione, spiega Agosti, "è che lo Stato o il Comune o un magnate, acquistino questo spazio e lo attribuiscano al cinema Azzurro Scipioni, pagando un affitto, ma non come un supermercato, per renderlo un luogo da riconsegnare agli esseri umani".
Di Alessia Rabbai e Cristina Pantaleoni