L’inferno delle infermiere nel Lazio: 800 aggredite in ospedale solo nel 2023
Sono infermiere, donne e lavorano presso strutture del servizio pubblico. Questo l'identikit della maggior parte degli oltre 1200 lavoratori e lavoratrici in ambito sanitario che hanno denunciato di aver subito un'aggressione nel Lazio durante il 2023.
Questo emerge da un report elaborato dall'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie. Secondo i dati dell'Osservatorio, nel 2023 si sono verificati 739 episodi violenti nelle strutture pubbliche del Lazio e 66 in quelle private.
Per la Cgil di Roma e del Lazio questi dati sono sottostimati "sia per l’assenza di dati raccolti in molte realtà private, che per la mancata denuncia da parte delle lavoratrici e dei lavoratori delle aggressioni subite. Tutto ciò rende ancora più urgente agire per garantire al personale sanitario di lavorare in sicurezza, una garanzia che non passa solo ed esclusivamente con il presidio delle forze dell’ordine ma con investimenti ed assunzioni per migliorare la qualità dei servizi e le condizioni lavoro e diminuire i tempi di attesa o anche, semplicemente, per avere il tempo di interfacciarsi con pazienti e accompagnatori". Spesso, infatti, le aggressioni sono dovute alla frustrazione dei pazienti per le lunghe attese e in generale per le condizioni del servizio sanitario.
Le vittime delle aggressioni sono circa 800 donne e quasi 400 uomini per un totale di 1219 operatori sanitari. In 695 svolgono la professione di infermiere, ma ci sono anche 200 medici, 15 psicologi e circa 60 operatori socio sanitari.
Oltre 200 aggressioni si sono verificate al pronto soccorso e 175 nei reparti, ma episodi di violenza sono avvenuti anche al Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura (SPDC) (71 eventi registrati), negli ambulatori e nelle Rems. Delle quasi 1600 aggressioni registrate nell'ultimo anno, oltre mille sono state di tipo verbale, circa 450 aggressioni fisiche e 60 contro la proprietà. I responsabili delle aggressioni sono quasi del tutto pazienti (545 casi) o parenti o caregiver (187).